di
Enzo Grossi* Silvio Cavuto**
* Centro Diagnostico Italiano, Milano
** Registro Tumori ed Epidemiologia Ambientale, Istituto Nazionale
dei Tumori, Milano
La nozione di età biologica
e il suo rapporto con le teorie dell'invecchiamento
Negli ultimi anni, con la ripresa di interesse verso gli
aspetti medici e scientifici alla base dell'invecchiamento
e alla possibilità di rallentarlo attraverso interventi
farmacologici mirati, il concetto di età biologica
è diventato un argomento di conversazione di grande
attualità.
Ecco che, in rapporto alla crescente sofisticazione della
domanda di salute da parte dell'uomo della strada, dalle domande:
Ho qualche malattia nascosta? Sono a rischio per qualche malattia?
Come posso fare per restare in buona salute? Si è passati
a: Qual è la mia età biologica? Invecchierò
bene? Posso ringiovanire?
La cosiddetta età biologica è un concetto utilizzato
frequentemente ma in modo spesso vago ed improprio e con scarsa
obiettività per descrivere una differenza tra la spettanza
di vita media di una coorte di individui nati in uno stesso
anno e la spettanza di vita percepita di un individuo della
stessa età.
Come si può stabilire l'età biologica di una
persona? In generale l'impressione immediata ricavata dall'aspetto
del volto ci rende in grado di giudicare se una certa persona
"è più giovane" o "più
vecchia" rispetto alla propria età anagrafica.
Secondo alcuni autori la percezione dell'età di un
soggetto o delle sue caratteristiche avviene in maniera apparentemente
automatica, ma è in effetti una conseguenza dei fenomeni
di apprendimento legati a circuiti sensoriali, mentali, cinestesici,
ai quali si aggiungono credenze, pensieri ed emozioni..
D'altra parte è nozione comune che capire l'età
di una persona guardandola in volto non sempre può
essere facile. Quasi inevitabilmente si deve ricorrere all'uso
di rilevazioni più a meno sofisticate di indici fisiologici
per i quali siano disponibili ampie basi statistiche nella
popolazione generale. Per sgombrare subito il campo da possibili
equivoci dobbiamo affermare che al momento non è stato
definito nessun metodo standardizzato e generalmente accettato
per quantificare l'età biologica.
Solo per determinati compartimenti dell'organismo attualmente
disponiamo di sofisticate metodiche strumentali di diagnostica
non invasiva che consentono, attraverso l'uso di specifici
modelli matematici di riferimento, di determinare l'età
biologica. Un caso tipico è quello dell'età
biologica cutanea per la quale sono state sviluppate tecniche
sofisticate basate su torsiometria, spettrofotometria e analisi
d'immagine del microrilievo cutaneo. Quando invece ci riferiamo
all'età biologica in senso più globale, allora
emergono enormi problemi di tipo metodologico. Se questa quantificazione
si rivelasse possibile, il suo utilizzo rivestirebbe un indubbio
valore, per esempio per coadiuvare la presa di decisioni informate
sulla appropriatezza di procedure invasive o di interventi
chirurgici, con minor ricorso a criteri di mera soggettività,
o per dare all'individuo un parametro che gli consenta di
proiettare in maniera attendibile la propria qualità
di vita o addirittura la propria spettanza di vita.
L'incapacità di predire la spettanza di vita nel singolo
individuo non ha interferito con la creazione del concetto
di età biologica, anche se il termine è stato
talvolta utilizzato in maniera soggettiva, con la complicazione
che un paziente sembra più vecchio o più giovane
rispetto alla sua età.
L'invecchiamento si può considerare come un processo
multifattoriale, che deriva dalla interazione di fattori genetici,
ambientali e abitudini di vita. Nel corso del tempo moltissimi
studi sono stati indirizzati all'identificazione degli eventi
biologici a cui potrebbe essere imputabile il deterioramento
progressivo che si verifica in concomitanza con l'invecchiamento.
Attualmente una delle teorie maggiormente accreditate ipotizza
che esista un meccanismo comune alla base di numerose patologie
associate all' invecchiamento che colpiscono organi diversi.
Questa teoria è incentrata sul ruolo primario svolto
dai radicali liberi e fornisce un modello plausibile e generale
per spiegare il processo dell'invecchiamento.
La premessa iniziale di tale teoria è che l'invecchiamento
e le malattie ad esso correlate siano la conseguenza di danni
indotti dal fenomeno dello stress ossidativo. Questo processo
è associato ad uno sbilanciamento fra l'eccessiva produzione
di fattori ossidanti (quali i radicali liberi) e la diminuzione
delle difese antiossidanti, che alla fine si manifesta sotto
forma di danno per l'organismo.( Farber et al., 1990)
Secondo le più moderne teorie l'invecchiamento è
caratterizzato da uno stato di infiammazione cronica lieve
legato sia alla predisposizione genetica innata che ad alterazioni
del patrimonio genetico acquisite da ogni individuo nel corso
della propria vita per ragioni stocastiche e/o ambientali.
Questo tipo di processo infiammatorio può condurre,
alla lunga, alla compromissione di organi e apparati quindi
alla riduzione della longevità, incrementando la sensibilità
ad alcuni fattori rischio. Le malattie correlate all'età,
come la malattia di Alzheimer, la malattia di Parkinson, l'aterosclerosi,
il diabete di tipo 2, l'osteoporosi, possono iniziare a manifestarsi
o essere amplificate dall'infiammazione. Per questo motivo
lo studio dell'infiammazione, in particolare dell'alterazione
nella produzione delle citochine che regolano questo processo,
rappresenta una frontiera ancora poco esplorata ma molto promettente.
Tecniche di stima dell'età biologica
mediante algoritmi matematico-statistici
La difficoltà insite nella determinazione dell'età
biologica attraverso l'esame diretto e finalizzato del soggetto
hanno sollecitato la ricerca di tecniche quantitative che
consentissero di pervenire con minor sforzo ad un risultato
analogo, almeno dal punto di vista teorico. Quest'ultima precisazione
è d'obbligo poiché, coerentemente al canone
galileiano, nessun modello matematico, per quanto sofisticato,
può sostituirsi all'osservazione diretta della realtà.
Poiché non esiste un metodo unico per stimare l'età
biologica, può essere utile in prima istanza cercare
di operare una classificazione delle principali metodologie
disponibili. In linea di principio possiamo dunque distinguere
due possibili tipologie di approccio:
1) tecniche che cercano di stimare, sulla base di alcune caratteristiche
biologiche dell'individuo, l'età biologica che si avrebbe
ricorrendo ad una metodologia basata sull'osservazione diretta
del soggetto. Queste tecniche cercano di costruire un algoritmo
in grado di imitare nel miglior modo possibile il processo
di attribuzione dell'età biologica che farebbe un essere
umano seguendo una procedura empirica come quelle codificate
dalla medicina legale. Questo genere di tecniche, non sono
in genere corredate di strumenti atti a saggiare la validità
dello standard che cercano di replicare. Hanno inoltre il
problema che, anche se fosse possibile replicare perfettamente
il processo decisionale umano di attribuzione dell'età
biologica mediante un procedimento matematico, qualora fosse
proprio il processo umano ad essere sbagliato non sarebbe
possibile accorgersene..
2) tecniche che presuppongono una definizione del concetto
di età biologica, informa matematica o statistica,
nei termini di una relazione formale con altre caratteristiche
biologiche di diretta e possibilmente facile misurazione nell'individuo.
Poiché tale relazione viene assunta come nota solo
in alcuni suoi aspetti, secondo questo approccio sarà
prima necessario utilizzare i dati rilevati su un grande numero
di individui per precisare la natura di questa relazione,
quindi utilizzare la formula matematica così definita
per l'attribuzione dell'età biologica di un individuo
sulla base delle caratteristiche biologiche che sono state
considerate rilevanti ai fini della sua definizione.
La validazione delle tecniche di stima dell'età
biologica
Le tecniche che cercano di stimare l'età biologica
seguendo il primo approccio sono caratterizzate da minori
problematiche di validazione. Infatti, è sufficiente
prendere un gruppo di individui indipendente da quello che
è stato utilizzato per la costruzione del metodo in
validazione, stimare per tali soggetti l'età biologica
e confrontarla con quella "vera". Benché
questo metodo di validazione possa nascondere sottili insidie
di carattere statistico, prima tra tutte quella legata alla
rappresentatività del campione di validazione e quindi
alla generalizzabilità dei risultati, appare indubbiamente
dotato di una sua intrinseca e auto-evidente validità.
Inoltre, se opportunamente condotto, consente di acquisire
informazioni utili per migliorare il metodo di stima.
Diverso è invece il processo di validazione per tecniche
del secondo tipo. In questo caso, infatti, l'età biologica
viene direttamente definita in termini matematici cercando
di ottimizzare un particolare criterio dotato di un razionale
generalmente spiegato dal campo applicativo nel quale si vuole
poi utilizzare l'età stimata. In questi casi, quindi,
si tratta di verificare in che misura l'algoritmo di stima
è stato in grado di ottimizzare il criterio adottato,
essendo il suo razionale assunto come valido a priori. Il
metodo di validazione è molto diverso dal caso precedente
poiché queste tecniche non si pongono l'obiettivo di
stimare un dato che pre-esiste ad esse, ma cercano invece
di soddisfare al meglio, sulla base della realtà empirica,
un preciso criterio di ottimalità teorica dettato dalla
specifica applicazione per la quale viene costruito il modello:
la validazione si riduce quindi a constatare quanto queste
tecniche siano in grado di estrarre dai dati reali un'informazione
che può essere interpretata in termini di età
biologica secondo canoni definiti a priori in termini astratti.
Panoramica sugli algoritmi di calcolo per
l'età biologica
Per quanto concerne l'approccio di primo tipo, il problema
si riduce "semplicemente" nella costruzione di un
algoritmo in grado di replicare le performance di un decisore
umano sulla base di un campione di individui che sia rappresentativo
della popolazione di soggetti a cui si vorrà poi applicare
l'algoritmo. Per ciascuno di questi individui, quindi, dovrà
essere disponibile l'età biologica attribuita dal decisore
umano e una serie di variabili entro le quali scegliere quelle
più adatta per la costruzione di un modello predittivo.
La generalizzabilità dei risultati dovrebbe essere
garantita, sul piano statistico, dall'applicazione di specifici
schemi di campionamento basati su meccanismi casuali che impediscano,
almeno in termini probabilistici, di costruire un modello
non estendibile a soggetti diversi da quelli entrati nel campione.
Questo aspetto è quindi estraneo all'algoritmo predittivo
in sé, per il quale si assume che la rappresentatività
del campione utilizzato per la sua costruzione sia stata opportunamente
assicurata da opportune prassi di selezione degli individui.
Riguardo alla scelta dell'algoritmo non esiste invece che
l'imbarazzo della scelta. Alle tecniche di regressione di
origine statistica si possono infatti affiancare metodologie
come le reti neurali che vedono la loro genesi in diversi
contesti teorici, più che applicativi, o soluzioni
ibride che attingono da presidi metodologici distinti ma che
possono essere opportunamente integrati in funzione della
loro complementarità. Un caso molto classico è
quello del ricorso ad opportune tecniche statistiche a supporto
della costruzione i modelli neurali (vedi ad es. Davino, 2002).
Il quadro può essere poi completato da algoritmi ancora
più sofisticati come la Support Vector Regression (Drucker
et al, 1997), i regression trees (Breiman et al., 1984), le
tecniche basate su intere popolazioni (ensambles) di modelli
previsivi in luogo di uno solo, come il bagging (Breiman,
1996) o il boosting (Schapire, 1990).
La situazione è invece molto diversa e più
eterogenea per l'approccio di secondo tipo, per cui ci limiteremo
ad indicare sommariamente solo alcune esperienze che riteniamo
particolarmente rappresentative di questa seconda modalità
e utili per introdurre il nostro algoritmo di calcolo.
Una soluzione ben caratterizzata secondo le linee proprie
del secondo approccio è quella descritta in Jackson
et al., 2003. Basandosi sull'osservazione che il valore di
laboratorio di molti biomarkers tende a diminuire in modo
approssimativamente lineare all'avanzare dell'età anagrafica,
questi autori hanno costruito un sistema di determinazione
dell'età biologica basato su semplici modelli di regressione
lineare costruiti a partire dai dati relativi a 16 biomarkers.
Questa tecnica non solo consente di stimare l'età biologica,
ma prima ancora ne da un'implicita definizione che consegue
dalla particolare relazione statistica individuata tra età
anagrafica, età biologica e valore dei biomarkers selezionati,
come è caratteristico degli approcci del secondo tipo.
Lo studio in questione trova il suo interesse non tanto nell'impiego
della regressione, quanto nel suo uso secondo modalità
tecnicamente non banali e nella costruzione molto lucida del
razionale sulla cui base viene costruito il modello proposto,
con rimandi ai lavori molto suggestivi di Weale, 1997 e Richter,
1995.
Per un lavoro più classico tra quelli che utilizzano
tecniche di regressione, invece, si può ricordare senz'altro
Furukawa et al., 1975.
Le ricerche più sopra citate sono particolarmente
significative dal nostro punto di vista, poiché anche
nel nostro algoritmo di calcolo si fa largo uso di modelli
di regressione. Riguardo a Jackson et al., 2003, inoltre,
molto rilevante ai nostri occhi appare la condizione ivi espressa
che i biomarkers siano determinati su persone sane ai fini
della costruzione del modello, poiché lo stato di salute
gioca un ruolo determinante nel nostro algoritmo.
Strettamente connesse alle esperienze strutturate attorno
ai modelli di regressione sono diverse ricerche basate su
misure di correlazione, poiché attengono ad un contesto
affine e in molti casi prodromico a quello della regressione.
Tra le più interessanti possiamo citare: Hollingsworth
et al., 1965, Nette et al., 1984 e Rivnay et el., 1980.
Indagini molto complesse dal punto di vista della metodologia
statistica sono state basate su tecniche di analisi dei fattori
e altre metodologie da essa derivate. In questo ambito, lo
studio più famoso e sofisticato è, a nostro
giudizio, Nakamura & Miyao, 2003, basato in larga parte
sulla metodologia LISREL (Joreskog & Sorom, 1983), che
può essere considerata una sorta di generalizzazione
della comune analisi dei fattori. In questa ricerca viene
fatta un'indagine molto accurata sulla base di 9 biomarkers
selezionati da un gruppo di 25, volta più a chiarire
la trama di relazioni intercorrenti tra queste misure e il
concetto di età biologica che non limitarsi alla sua
semplice quantificazione, che in realtà non è
tra gli scopi dichiarati del lavoro ma che può essere
ricavata dal modello ottenuto. La tabella 1 descrive gli indici
di correlazione ottenuti da queste 9 variabili fisiologiche.
Questi autori avevano pubblicato un precedente lavoro più
semplice sul piano metodologico ma sempre basato su un particolare
tipo di analisi dei fattori (Nakamura et al., 1988), seguito
dal più complesso Nakamura, 1991, che si collocano
lungo una tradizione in cui si ritrova il classico Hofecker
et al, 1980, e, prima ancora, le ormai pionieristiche ricerche
di Clark, 1960 e Jalavisto & Makkonen, 1963.
L'algoritmo REALAGE: considerazioni introduttive
REALAGE è un algoritmo sviluppato dal Centro Diagnostico
Italiano per il calcolo dell'età biologica, la cui
impostazione ricalca appieno quella del secondo approccio
più sopra descritto. Più precisamente, vengono
opportunamente utilizzati modelli di regressione lineare applicati
a biomarkers studiati nell'ambito del progetto REALAB (Grossi
et al., 2005).
A causa dello stretto legame con il progetto REALAB, da cui
non a caso trae il nome, riteniamo utile fornire qualche elemento
concernente tale studio. REALAB è un progetto nato
e condotto presso il Centro Diagnostico Italiano (CDI), un
grande laboratorio privato italiano di analisi cliniche situato
a Milano. Il progetto si poneva come obiettivo quello di ridefinire
i limiti di riferimento per una serie di 36 analisi cliniche
routinarie, suddivisi in 23 esami di base e 13 aggiuntivi
(tabella 2), sulla base di dati raccolti nel corso della normale
attività quotidiana del laboratorio. Il primo elemento
di interesse, quindi, risiede nel tentativo di individuare
i limiti di riferimento senza impostare uno studio clinico
ad hoc, come ad esempio procedono i produttori di kit analitici
al fine di produrre la documentazione descrittiva dei loro
prodotti. Più precisamente, l'approccio seguito è
quello comunemente definito "a posteriori" nella
letteratura di riferimento (PetitClerc & Solberg, 1987).
A tale fine, è stato messo a punto un algoritmo multivariato
finalizzato all'identificazione dei referti anomali in modo
che non venissero considerati nella stima dei nuovi limiti
di riferimento. Tale algoritmo rappresenta il secondo elemento
di interesse dello studio REALAB, che si colloca per suo tramite
lungo una tradizione in cui si ritrovano altri studi che,
tentando di risolvere lo stesso problema, presentano alcuni
punti in comune con REALAB (ad es.: Kallner et al., 2000,
Brinkworth et al., 2004, Schumann & Klauke, 2003). Il
terzo elemento di interesse consiste nella notevole dimensione
del campione studiato, pari a 166 027 soggetti (maschi = 87
072), essendo questi gli individui che, per almeno uno dei
23 parametri di base studiati (indicati con * in tab. 1),
hanno effettuato esami clinici presso il CDI nel periodo 1997-99.
L'algoritmo REALAGE: principio di funzionamento
Alla base dell'algoritmo REALAGE c'è l'idea che l'età
biologica di un individuo dovrebbe essere quella alla quale
sarebbe considerato sano con i valori che presenta ai suoi
esami di laboratorio. Questo razionale presuppone che ci sia
un evoluzione caratteristica dei limiti di normalità
al variare dell'età per i parametri analitici, o quantomeno
per alcuni di essi, fenomeno che è attualmente oggetto
di studio da parte del gruppo REALAB e che porterà,
a breve, alla definizione dei limiti di normalità calcolati
in funzione dell'età del soggetto per i parametri già
studiati nel corso della prima fase del progetto (un risultato
molto preliminare è riportato in Grossi et al., 2006).
L'algoritmo di calcolo di REALAGE è basato sui 23
esami di base dello studio REALAB, ma come vedremo può
essere integrato con ulteriori parametri o riformulato sulla
base di parametri diversi, essendo la sua struttura molto
flessibile. Si consideri inoltre che non è neppure
necessario che, per un soggetto, siano disponibili i valori
di tutti i parametri, anche se ovviamente la precisione della
stima dell'età biologica sarà tanto migliore
quanto maggiore è il loro numero.
Come abbiamo accennato più sopra, per il momento l'algoritmo
può essere applicato solo ai maschi. Questa scelta
è legata alla possibilità di sfruttare il PSA
(che non è stato ovviamente studiato per le femmine).
Ora, per illustrare come funziona l'algoritmo, immaginiamo
per semplicità che il calcolo dell'età biologica
sia effettuato solo sulla base della glicemia e che interessi
una fascia di età compresa tra 20 a 50 anni. Indicando
con i un qualunque valore da 20 a 50, si costituisce un insieme
di dati costituito dalle glicemie dei soggetti sani di età
i e di quelli non sani di tutte le età da 20 a 50 diverse
da i. Ad esempio, per i = 42, l'insieme corrispondente sarà
costituito dalle glicemie dei sani di 42 anni e da quelle
dei non sani di tutte le età da 20 a 50 diverse da
42. Per ciascuno di questi insiemi viene quindi costruito
un modello di regressione lineare avente l'età anagrafica
del soggetto come variabile dipendente e la glicemia come
variabile indipendente. Ognuno di questi modelli, quindi,
può essere visto in senso lato come un predittore dell'età
anagrafica sulla base della glicemia per i soggetti del gruppo
a cui si riferisce.
L'estensione ad un maggiore numero di esami è molto
semplice, poiché il processo precedente viene applicato
per ogni parametro analitico in modo indipendente dagli altri
parametri, quindi le età stimate da ciascun modello
di regressione vengono
mediate prima di procedere al confronto con l'età anagrafica
al fine di determinare la stima migliore
Validazione dell'algoritmo REALAGE
Utilizzando i 23 parametri del progetto REALAB e applicando
rigorosi criteri matematici ai risultati ottenuti da REALAGE,
è stato possibile dimostrare che l'età biologica
per tutti i soggetti sani coincide con quella anagrafica,
mentre questo fenomeno non si verifica mai per i non sani.
Più precisamente, al 49% di questi ultimi viene attribuita
un'età biologica minore di quella anagrafica, mentre
per il 51% viene stimata un'età biologica superiore.
Nel primo caso, l'età biologica risulta mediamente
inferiore di 11.88 anni, mentre nel secondo mediamente superiore
di 19.76 anni. Se si considerano tutti i non sani insieme,
l'età biologica risulta mediamente più alta
di quella anagrafica di 4.26 anni.
I risultati di validazione, se da un lato appaiono incoraggianti,
dall'altro ci spingono a effettuare una ulteriore validazione
al di fuori sullo stesso campione utilizzato per sviluppare
l'algoritmo come è prassi consolidata nella validazione
dei modelli statistici. E' già stata programmata una
verifica su dati indipendenti provenienti dall'allargamento
del periodo di osservazione sino al 31 dicembre 2006.. Da
tale prova ci si attendono importanti indicazioni per una
migliore valutazione delle performance dell'algoritmo e per
l'introduzione di modifiche in grado di migliorarlo. Da un
punto di vista strettamente tecnico verranno valutati modelli
di regressione diversi da quelli lineari e si prenderanno
in considerazione modalità diverse dalla media aritmetica
per la sintesi delle età stimate dai modelli relativi
ai diversi parametri analitici. Poiché il progetto
REALAB sta attualmente studiando la relazione tra età
anagrafica e limiti di riferimento per una vasta gamma di
analiti di uso routinario, le indicazioni che emergeranno
potranno essere utili per operare una selezione mirata dei
parametri analitici da utilizzare per la stima dell'età
biologica. Nell'attuale versione di REALAGE, infatti, si sono
utilizzati tutti i 23 analisi di base di REALAB, ma in futuro
si prevede di limitarsi solo a quelli i cui limiti di normalità
mostreranno di essere strettamente connessi con l'età
anagrafica, anche al di fuori dei 23 parametri di base. Da
ultimo, l'algoritmo verrà ovviamente esteso anche al
sesso femminile e verrà allargato l'intervallo di età
a cui potrà essere applicato,
Tabella 1. Parametri fisiologici utilizzati per la costruzione
del modello predittivo da parte di Nakamura e Miyao.
Tabella 2. Elenco degli esami clinici studiati dal progetto
REALAB.
L'asterisco indica gli esami di base.
Figura 1. Flow Chart del progetto REALAB
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