Geriatria e gerontologia
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Geragogia
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La rivoluzione geragogica - 3  

Se ora noi volessimo prendere in considerazione, sia pure nel modo interlocutorio che l'argomento richiede, le modalità di attuazione di un programma geragogico in senso strettamente pratico, dovremmo sottolineare, innanzi tutto, il ruolo fondamentale rivestito dai tecnici (medici, operatori sanitari, operatori sociali, ecc.) cui spetta il compito impegnativo e difficile di suggerire regole di vita adatte ad una buona gestione del proprio invecchiamento da parte del cittadino. Questa funzione educatrice deve svolgersi attraverso un'opera d'informazione ben calibrata e ben impartita, in modo da non generare inutili paure o prevenzioni o creare miti e stereotipi tanto assurdi quanto dannosi.

A questo proposito deve venir impartito dagli operatori sanitari ai cittadini un comprensibile e continuo insegnamento che riguardi il modo di porsi dell'individuo che invecchia di fronte alla salute (ed alla malattia), insegnamento che faccia prendere coscienza di quanta potenzialità creatrice di benessere sia evocabile in ogni persona, purchè questa sia opportunamente motivata e preparata a farlo. Viene naturale a questo punto affermare che il discorso sull'educazione sanitaria e sull'informazione del paziente (e della persona sana) non può prescindere da quello sulla preparazione culturale del medico. Per esso l'impostazione geragogica della propria attività rappresenta un lavoro impegnativo, necessariamente sorretto da adeguata preparazione culturale e psicologica, cui si può giungere solo a costo di un radicale mutamento culturale, appunto, mai del tutto indolore per un individuo che sia immerso in una realtà come la nostra, così legata a rigidi schemi di separazione-segregazione fra le varie attività di vita.

Questo indispensabile cambiamento di mentalità si esprime in un nuovo modo di porsi "davanti al", o meglio "con" il paziente. Dobbiamo essere convinti nel profondo che la comunicazione (verbale o non verbale), fondamento del rapporto medicopaziente, deve avvenire attraverso una straordinaria capacità di "parlare" e di "ascoltare", che tradizionalmente non fa parte del bagaglio accademico medico, sussistendo in alcune persone tutt'al più come componente della personalità del singolo, come espressione di un tratto caratteriale che nulla ha a che vedere con l'insegnamento universitario ricevuto o con l'atteggiamento culturale corrente (per lo meno di massa).

Secondo l'Aveni Casucci "occorre parlare con linguaggio adeguato al paziente, tenendo precipuamente conto delle sue capacità di comprensione, mettersi in una posizione d'ascolto umile e priva di pregiudizi e stereotipi, decodificare i messaggi in termini denotativi e non solo comunicativi, osservare soprattutto il paziente nel suo linguaggio non verbale (mimico, gestuale, grafico), così utile, se correttamente interpretato, e così indispensabile allo stabilirsi di un buon rapporto medicopaziente". Quella di ascoltare è un'abilità nuova "che esige una modificazione naturale seppur parziale della personalità del medico, necessaria alla sua nuova capacità". Così si esprimeva Balint negli ultimi anni '50 e l'apparente banalità dell'affermazione viene subito negata dal fatto che ci sono tutt'ora ben pochi (o troppo pochi) sanitari che sappiano comportarsi adeguatamente ed ispirare il proprio atteggiamento alle regole suddette.

Ascoltare e parlare quindi in questo "nuovo" modo che la geragogia propone, richiede di fare della trasparenza, della chiarezza, della capacità di capire e di essere capiti, la nostra regola professionale. Non dimentichiamo che educare gli altri significa sempre educare se stessi, insegnare agli altri a prepararsi alla vecchiaia è un vantaggio anche per chi funge da maestro, è uno scoprire negli altri (e quindi anche dentro di sè) quelle potenzialità nuove che portano ad una crescita globale dell'individuo.

La profonda convinzione che, come dicevamo dianzi, educare gli altri equivale ad educare se stessi, dovrebbe determinare una sana rinuncia ad una individualità esasperata (professionale e umana), cosi tipica della nostra cultura, dovrebbe permettere di fonderci in un afflato più alto con chi vive nel nostro mondo e specialmente con chi è vicino a noi, dovrebbe consentirci di crescere insieme e di intervenire insieme a sostegno delle nuove esigenze esistenziali che la geragogia può insegnarci a scoprire.

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