La geragogia, quindi, è un termine che, come afferma F.M.
Antonini, rappresenta la codifica semantica di quel concetto
di educazione permanente che è venuto via via alla ribalta
nella nostra epoca e di cui l'Unesco si è fatta portavoce
fin dagli anni '70. Concetto che rivoluziona finalmente, almeno
sul piano culturaleteorico, il modello tradizionale che vuole
la vecchiaia solo come l'ultima parte, desolata e spenta,
della vita. L'educazione permanente è appunto il pensiero
che sta alla base di ogni programma geragogico e stravolge
il concetto attuale di educazione: dev' essere perseguita,
questa, attraverso tutte le età della vita, col fine sia di
prepararsi per tempo ai cambiamenti che l'aging comporta,
sia di vivere, una volta anziani, un'attività intellettuale
intensa, che possa essere e mezzo di ampliamento delle proprie
conoscenze e fine, essa stessa, per ottenere quell'arricchimento
esistenziale che solo dalla cultura può derivare. "Una buona
vita", dice Antonini "è quella che, priva di soluzioni dall'infanzia
alla vecchiaia, consente sempre l'acquisizione di nuovi, più
sofisticati e maturi livelli di organizzazione della personalità,
verso un più alto livello di integrazione".
La geragogia, come l'educazione permanente, ha il fine di
insegnare a gestire la propria esistenza dalla nascita alla
morte in modo consapevole e produttivo. Essa, sempre secondo
Antonini, "deve studiare le modalità antropologiche dell'uomo
che invecchia e sulla base di esse dovrà porre le condizioni,
ideare gli incentivi, stabilire le modalità più adeguate per
promuovere l'apprendimento" e se è vero che questo continuo
arricchimento eticocognitivo, che punta alla crescita dell'individuo,
non può prescindere dalla capacità individuale di ognuno,
è altrettanto vero che esso è indispensabile a questo fondamentale
cambiamento di mentalità e cultura, che abbiamo definito con
il neologismo di geragogia e che riteniamo irrinunciabile
in una società che voglia considerarsi veramente civile. Appare
quindi obbligatorio il rifiuto della logica che divide la
vita dell'uomo in fasi ben distinte e rigidamente separate:
ludica, scolastica, lavorativa, pensionistica, in favore di
una visione dell'esistenza decisamente più dinamica, fluida,
mutabile, senza compartimenti stagni, con un proficuo scambio
di "informazioni" fra le diverse realtà temporoesistenziali
dell'arco vitale. Ed altrettanto necessario è sfatare quel
luogo comune che fa dell'educazione una preparazione alla
produzione, affermando invece il valore dell'arricchimento
interiore, dello stimolo affettivocognitivo, del miglioramento
concreto della qualità della vita, che un continuo processo
di apprendimento, purchè assolutamente avulso da competizione
e produttività, comporta obbligatoriamente per ogni individuo.
In questa lezione cercheremo di considerare i due momenti
attraverso i quali schematicamente (tenendo conto che la schematizzazione
è una pura necessità descrittiva) dovrebbe attuarsi la rivoluzione
geragogica. Queste due direttrici lungo le quali progredisce
il discorso geragogico riguardano da una parte l'educazione
all'invecchiamento da attuarsi già nell'età giovanile, se
non infantile addirittura, dall'altra l'educazione indirizzata
alla persona già entrata in una fase avanzata dell'esistenza,
educazione che è finalizzata al mantenimento di un buon standard
di vita, qualora esso sia presente, o al recupero, per quanto
lo consentano le capacità residue, nel caso in cui l'individuo
si trovi già in una situazione di difficoltà (sia essa relativa
all'aspetto psichico, fisico, sociale o, come più spesso avviene,
a tutte queste tre componenti assieme).
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