Geriatria e gerontologia
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Geragogia psicosociale - 3  

Ciascuno, insomma, deve dare il proprio concorso alla società, ma tutti dobbiamo essere consapevoli che non possiamo crescere a livello sociale, compiutamente, senza l'apporto fattivo di ognuno e che, secondo le varie possibilità, tale apporto può variare quantitativamente, pur rimanendo ugualmente importante. Il concetto di carisma, dunque, non è applicabile solo alla funzione di "leadership" perchè ciascuno ha i propri doni e carismi da esprimere a vantaggio proprio e della collettività, e deve metterli a disposizione secondo modalità creative, opportunamente stimolate. Solo quando avremo meditato ed accolto questi assunti, potremo tentare un approccio culturale alla vecchiaia, premessa per una vecchiaia serena, vissuta cioè alla luce di ruoli nuovi e valorizzanti. Questo tipo di approccio deve però assolutamente evitare un pericolo che può essere insito in esso, quello cioè di generare una falda sociale di sottocultura. Tale evenienza si può verificare per il fatto che i membri di un gruppo hanno più momenti interattivi tra di loro che non con i membri di altri gruppi, o perchè tra i membri dello stesso gruppo esistono affinità numerose e positive o semplicemente perchè essi vengono esclusi dagli altri raggruppamenti sociali. È il caso tipico dell'anziano d'oggi che in genere non corrisponde con le generazioni più giovani, oppure ricava da questo rapporto una delusione per la tendenza alla conflittualità che è propria del confronto intergenerazionale.

Si trova così quasi ignorato dall'intero sistema antropologico e non trova altra strada che quella di chiudersi tra i suoi coetanei. Il risultato è che oggi la sottocultura della vecchiaia è in fase di espansione: ne sono esempio i centriclub esclusivi per anziani, lo sviluppo del sindacato dei pensionati indipendente da quello dei lavoratori, le università per anziani e tutte le altre forme di aggregazione sociale riservate alla terza età. Questa sottocultura che potrebbe sembrare un necessario elemento di difesa e di equilibrio nel gruppo che la elabora, fatalmente, in quanto opposizione al resto della società, determina un distacco ancora maggiore tra le generazioni e l'autoespulsione dalla società delle fasce più anziane.

Quindi le premesse per un corretto approccio geragogico devono essere molto aperte, non finalizzate alla difesa di un gruppo, quanto piuttosto ad una migliore comprensione del problema che è rappresentato dall'uomo nella sua interezza e globalità. Possiamo concludere la nostra esposizione, quindi, con alcune considerazioni riassuntive che proponiamo al medico geragogo ed a quanti si occupano di gerontologia educazionale: la vecchiaia è un fenomeno naturale, fa parte della nostra vita che deve essere intesa come un "continuum" biologico e spirituale; il tipo di vecchiaia che ognuno di noi vive è diretta conseguenza della vita vissuta, in altre parole la vecchiaia si costruisce consciamente ed inconsciamente, sul piano fisico e su quello spirituale, fino dalla giovinezza e dall'età adulta; la dimensione sociale della vecchiaia deriva non solo dai vari condizionamenti materiali che la società attuale le impone, ma anche dalla considerazione negativa che essa ha degli anziani e, spesso, dall'atteggiamento di molti vecchi che pongono essi stessi le premesse per un'autoesclusione.

Ne deriva allora che da una parte è necessario agire educando la società in generale, favorendo la caduta di tutti quei pregiudizi nei confronti degli anziani che da molto tempo fanno opinione e che hanno relegato gli anziani stessi in una specie di limbo nel quale ormai ci siamo quasi abituati a vederli come in una collocazione naturale. In secondo luogo, ma contemporaneamente, è necessario agire in forma preventiva sull'adulto, offrendogli la possibilità di prepararsi ad una vecchiaia serena fino dalla giovinezza e, soprattutto, nel periodo dell'età lavorativa, in chiave non solo fisica ma anche e soprattutto psicologica e spirituale.

È infine indispensabile l'intervento educazionale sull'anziano, al quale occorre ridare forza morale e volontà di protagonismo. Si tratta di un'operazione, tutto sommato, non facile e non priva di ostacoli, specialmente nel contesto antropologico e generazionale di oggi. Ma perchè cambino gli anziani deve cambiare prima l'atteggiamento della società nei loro confronti, e questo diventa ovviamente un processo più agevole, paradossalmente, se gli anziani si dimostrano a loro volta capaci di cominciare a cambiare essi stessi per primi. Il primo obiettivo di un programma geragogico globale dovrebbe essere, in ogni caso, quello d'intervenire in senso educazionale sugli operatori sociali e sulla pubblica opinione, come, del resto, già raccomandavano alcune note risoluzioni dell'Assemblea Mondiale sull'Invecchiamento (Vienna, 1982). Si tratta di raccomandazioni estremamente importanti perchè ci consentono di proporre con estrema chiarezza i programmi di lavoro per una reale trasformazione sociale che trova il suo campo d'azione privilegiato nel momento educativo.

È necessario, dunque, impegnarsi soprattutto nei confronti dei giovani e degli adulti, anche perchè solo una corretta informazione ed un'intelligente sensibilizzazione al problema della vecchiaia sono il presupposto per un reale cambiamento culturale. Assumono altresì importanza tutte quelle iniziative, pubbliche e private, che siano in grado di far comprendere a tutti i cittadini la reale portata del fenomeno dell'invecchiamento, ma in senso positivo, evidenziando cioè le capacità ancora presenti negli anziani, le loro potenzialità creative e di apprendimento, la loro utilità sociale anche in ruoli diversi in termini di esperienza, equilibrio, saggezza, come valori che non possono e non potranno mai essere cancellati o superati, nemmeno dalle più elevate tecnologie realizzate dalla civiltà dei computer.

È però necessario un coordinamento preciso di tali iniziative ed una verifica costante della metodologia seguita, in modo da creare un insegnamento geragogico non obbligatoriamente uniforme ma, quand'anche a più voci, omogeneo nelle proprie proposte e nelle finalità operative. Un ruolo di primo piano dovranno ovviamente esercitare i "massmedia", che tanta parte occupano nella nostra vita quotidiana, perchè essi rappresentano l'indispensabile supporto di ogni sforzo educativo. E'appena necessario sottolineare che la presenza di questo sito sulla rete dimostra palesemente le enormi possibilità, in questo senso, che l'accesso a Internet può offrire, già agli anziani di oggi, sia dal punto di vista psicopedagogico che da quello di un proficuo uso del tempo libero.

È necessario allora che i responsabili del settore si rendano conto di ciò che è importante inserire e rafforzare nell'opinione pubblica, rendendo così un effettivo servizio alle iniziative che vengono prese a fini geragogici. Si tratterà anche in questo caso di operare un salto di qualità dal momento che i "massmedia", che si occupano del problema anziani con un impegno pari alla sua risonanza politica, puntano più sull'aspetto socioassistenziale che sull'importanza dell'educazione psicogeragogica. Se lo sforzo geragogico coordinato riuscirà a centrare gli obiettivi fondamentali richiesti dalla condizione anziana, avremo creato le premesse sociali per una vecchiaia da vivere attraverso ruoli sociali precisi e quindi con minori scompensi sul piano esistenziale. È abbastanza evidente che l'uomo, invecchiando, può conservare un suo ruolo solo se la società o il complesso antropologico in cui vive sono disposti a dargliene pubblico riconoscimento e ciò può accadere solo se si riesce ad infondere in tutti il profondo convincimento che l'anziano, se opportunamente sostenuto, stimolato e valorizzato, è veramente in grado di svolgere compiti nel campo sociale, di assumersi responsabilità, di vivere da comprimario nella comunità.

Ed a questo convincimento ragionato si può giungere solamente attraverso lo strumento educativo che deve rivolgersi alla società, come abbiamo detto, ed al singolo individuo che si appresta ad invecchiare, come meglio vedremo nello sorcio di questo rapporto. Il secondo obiettivo di un programma geragogico deve proporsi di cambiare gli anziani e, a questo fine, è necessario fare ogni sforzo per aiutarli a rinnovarsi mettendo loro a disposizione strumenti in grado di favorire una loro presenza all'interno della comunità e, contemporaneamente, in grado di far loro riscoprire un modo nuovo e valorizzante di vivere la loro età. Un tale obiettivo può essere raggiunto anzitutto attraverso un programma di formazione permanente che coinvolga coloro che sono già anziani e coloro che si preparano a diventarlo. A questo proposito ci sembra utile una rilettura di un breve passo che riguarda la psicopedagogia della terza età e che riportiamo dalle risoluzioni della citata "Assemblea Mondiale sull'Invecchiamento". "Le politiche e gli interventi in favore delle persone anziane devono offrire loro la possibilità di soddisfare le proprie esigenze di realizzazione personale che possono essere definite, in senso lato, come la gratificazione procurata dal raggiungimento di obiettivi, di aspirazioni e dalla valorizzazione delle capacità residue.

È importante che le politiche e i programmi destinati agli anziani tendano ad assicurare loro la possibilità di esprimersi in ruoli diversi, stimolanti per le persone anziane stesse ed utili alla famiglia ed alla collettività. Gli anziani trovano questa soddisfazione personale principalmente nella partecipazione alla vita familiare, nella pratica del volontariato sociale, nel miglioramento della propria educazione con corsi scolastici od extra scolastici, nella realizzazione di forme di arte e/o di artigianato e nella adesione ad organizzazioni associative di anziani, praticando attività religiose, di viaggio e divertimento, o anche nel lavoro "parttime" e nella partecipazione alla vita politica come cittadini bene informati". Questo tipo di formazione geragogica deve quindi riguardare soprattutto l'uso del tempo libero, di cui sono generalmente ricchi i pensionati, perchè possa essere usato per crescere, e non solo consumato nel "meritato riposo" e, prima o poi, avvilito dalla noia.

Il tempo libero dal lavoro, un tempo concepito solo come riposo, e talvolta addirittura colpevolizzato dal concetto, comunemente accettato, del lavoro come unica nobiltà dell'uomo, rischia di favorire un precoce insenilimento, se non si attua una seria educazione a viverlo con intelligenza, spirito creativo e, comunque, in maniera attiva. Oltre che attraverso occupazioni creative ed interessi culturali tra i più vari, è bene ricordare che il tempo libero può essere valorizzato anche, e soprattutto, nel condividere ed alleviare i bisogni dei propri simili con attività di volontariato. Il tempo, dunque, può essere donato, dato che il vecchio bisognoso esiste anche nel nostro tempo, purtroppo, e vive vicino ad ognuno di noi: spesso, infatti, è sufficiente guardarsi intorno per capire in quale direzione orientare la nostra disponibilità. Gli anziani che diventano "donatori di tempo" non rischiano più di soffrire perdite di "status", perchè scoprono giorno per giorno il piacere di contare ancora molto a livello di rapporti umani e, quindi, di poter recuperare un ruolo sociale.

In secondo luogo deve essere favorita in tutti i modi la partecipazione degli anziani alla vita comunitaria del complesso antropologico di cui fanno parte. In questa maniera potranno sentirsi a pieno titolo rappresentati nelle scelte che quotidianamente toccano a tutti, e talvolta li riguardano direttamente in modo specifico, motivo per cui potranno operare quella sintesi tra passato e futuro, alla luce della loro esperienza di vita, che può diventare in tal caso dono di sapienza e fonte di equilibrio tra generazioni. In una parola è necessario educarli, o meglio, rieducarli alla vita partecipata, che può essere attuata ovunque, nel quartiere e nella circoscrizione, nelle associazioni, nella parrocchia, nel club e negli stessi servizi sociali.

Allora essi capiranno che vecchiaia non significa smobilitazione perchè l'anziano possiede nuovi valori non meno importanti di quelli che l'età può avergli tolto. E la crescita della comunità sarà più completa e piena, libera nella sua evoluzione, svincolata da pesi e zavorre, perchè gli anziani, in quanto tali, non saranno considerati inutili, e ciascuno di essi potrà dare ancora il proprio contributo alla società. Da ultimo, se avremo avuto la capacità di rivalorizzare gli anziani in questo modo, dovremo consentire anche che essi si riapproprino del loro tradizionale ruolo educativo, soprattutto nei confronti dei bambini e dei giovani.

Dovremo anche impegnarci a far loro comprendere che è necessario prepararsi ad essere educatori in questa nostra epoca, così bisognosa di esperienza e di valori. Se riusciremo a trasformare società e anziani secondo questi ed altri orientamenti simili, il vecchio riavrà il suo ruolo in questa società che cambia, nonostante tutte le contraddizioni ed i condizionamenti di cui è e sarà oggetto.

In una società in cui ogni pregiudizio sia abbattuto e l'utilità dell'uomo, ancorchè vecchio, possa manifestarsi sempre e comunque in ogni circostanza della vita familiare e sociale, l'anziano, ogni anziano, promosso e valorizzato nella persona, potrà riacquistare la propria dignità e credere serenamente, come suggerisce S. Buzzolo, che "le rughe rappresentino soltanto un vestito della vita".

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