Questa accezione più estensiva può trovare tutt'al più una
sua collocazione in un più vasto inquadramento della strategia
geragogica che, secondo alcuni, dovrebbe mirare anche alla
psicoattivazione dell'anziano, al mantenimento della sua autonomia
e persino all'organizzazione del suo ambiente di vita. Ma
a nostro giudizio il termine dev'essere inteso nella seconda
interpretazione che è quella affermatasi ormai nel mondo gerontologico,
dove s'è diffusa grazie ai lavori della scuola di Antonini,
secondo la quale "geragogia" è il momento pedagogico della
prevenzione antisenile, è vera e propria educazione all'invecchiamento,
è l'insegnamento diretto all'adulto, ma anche al giovane,
affinchè riesca ad invecchiare con successo secondo la già
citata espressione di Havighurst.
Quindi la geragogia, come noi l'intendiamo, si distingue
dalla educazione sanitaria perchè si propone come compito
d'insegnare anzitutto all'anziano un nuovo orientamento interiore
del modo di gestire l'esistenza, per usare la stessa espressione
di A. Sordi che fu il primo, come abbiamo già riferito, ad
introdurre questo nuovo vocabolo, nel 1973, in un capitolo
del trattato di Antonini e Fumagalli. Si tratta, prima di
ogni altra cosa, di "fare adottare all'anziano certe attitudini,
per assumere poi certe condotte. Ma assumerle vuoi dire acquistare
un modo vecchio di esistere (senza alcuna significazione diminutoria
nel termine vecchio)". La frase è sempre di Angiolo Sordi
che per geragogia, quindi, voleva intendere principalmente
l'educazione all'invecchiamento attraverso la ricerca e l'insegnamento
di un nuovo stile di vita che si dimostrasse idoneo alla vecchiaia.
E questo compito geragogico spetta alla società, che non
può limitarsi all'assistenza degli anziani, ma deve pedagogizzare
in via preventiva se stessa, come vedremo più avanti, in maniera
da formarsi un giudizio preciso sull'invecchiamento e sulla
vecchiaia, deve intervenire con vari mezzi per ritardare il
processo di senescenza ed istruire, infine, le masse degli
anziani ad organizzare ed a vivere proficuamente la loro età.
Abbiamo osservato all'inizio che per ora il discorso geragogico,
cioè l'educazione all'invecchiamento, è una specie di omelia
riservata a pochi fedeli oppure, se preferiamo, il gergo riservato
ad una piccola élite senza che si osservi al presente alcun
riflusso tra il pubblico comune o, come sarebbe augurabile,
almeno tra quello medico. Pertanto se vogliamo porre le prime
basi di un gerontologia adeguata all'uomo è necessario che
il linguaggio geragogico diventi universale e miri, attraverso
un vasto programma educazionale, a ridare autenticità e valore
alla vecchiaia.
Il pianeta senile è fatto di uomini che attendono una seconda
redenzione e il geragogo dovrà occuparsi non soltanto di igiene,
di fattori di rischio, di alimentazione, di attività fisica
e di farmaci, come da alcuni si è proposto, ma principalmente
ed anzitutto di fornire all'anziano nuovi scopi esistenziali
che gli consentano ancora di vivere da protagonista e di non
essere relegato fuori ruolo come uno spettatore triste ed
umiliato della vita.
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