Abbiamo più volte affermato che la geragogia devesi
oggi catalogare non tanto nel modulo di quelle discipline
che curano l'erudizione del vecchio, ma deve piuttosto essere
intesa nell'accezione metonimica di una vera e propria educazione
all'invecchiamento.
Un rischio che non può assolutamente essere corso è.quello
di una certa propensione alla didattica fine a se stessa,
alla pratica di un nozionismo senza implicazioni pedagogiche
che, fatalmente, conduce ad una robotizzazione delle conoscenze.
Il geragogo non può proporsi, cioè, un fine puramente nozionistico
nei riguardi del soggetto anziano, del quale accrescerebbe
in tale maniera soltanto il patrimonio sapienziale, ma deve
piuttosto perseguire una rifondazione culturale della vecchiaia
che coinvolga globalmente tutto il complesso sociale. La geragogia
vuole, in altre parole, diffondere nuovi modelli di preparazione
all'invecchiamento, coltivando la mente e lo spirito, insegnando
già al giovane gli investimenti più redditizi, quelli spirituali
ed affettivi, al fine di operare una svolta sociale e culturale
che modifichi l'immagine stessa della vecchiaia.
Ma perchè la disciplina geragogica possa assumere una tale
capacità operativa è necessario che giunga a disporre di strategie
nuove, adeguate alla vita moderna, rivolte contemporaneamente
alla società ed al singolo individuo. L'attuazione di un
vasto programma educazionale, tale da permettere un'efficace
operazione di cultura, non è oggi concepibile, in ogni caso,
senza l'intervento dei "mass media", che, con le loro enormi
possibilità di divulgazione sociale, di persuasione occulta
e di addentramento capillare nelle singole coscienze personali,
si raccomandano come gli strumenti più adeguati per una tale
operazione e quelli che offrono le migliori credenziali di
buona riuscita.
La sensibilizzazione della pubblica opinione dovrebbe essere
realizzata, in tale prospettiva, con articoli di stampa, inchieste
e dibattiti pubblici, ma, soprattutto, attraverso il mezzo
televisivo che rimane sempre lo strumento più idoneo a questo
fine. A tale proposito va osservato, però, che sebbene la
popolazione anziana si presenti ormai dappertutto come gruppo
emergente dal punto di vista sociale, il processo di comunicazione
nei suoi confronti risulta, in generale, ancora piuttosto
carente per tutta una serie di contingenze tra cui può annoverarsi
anche l'inadeguatezza dei canali specifici attraverso cui
dovrebbe avviarsi il messaggio geragogico.
Ma il problema può inquadrarsi in una cornice ancora più
ampia se si considera che, nella società odierna, i tempi
di relazione con l'anziano tendono sempre più ad essere misurati
dal rapporto costo/beneficio, nel senso che quanto si può
ottenere dal vecchio come tornaconto (economico, politico,
commerciale) costituisce il prezzo equivalente che l'altra
parte della collettività è disposta a pagare per mantenere
con esso generici rapporti di corrispondenza umana.
D'altro canto se l'anziano non si conserva la possibilità
di scambiare un vivace e costante flusso di messaggi con il
suo ambiente antropologico, finisce spesso col perdere quei
valori fondamentali che sono l'altrui riconoscimento e l'autostima,
correndo il rischio dell'isolamento e della solitudine ed
anticipando a questo modo la perdita della propria autonomia.
A questo proposito ci sono interessanti memorie sullo psichismo
dell'anziano che denotano come il fatto d'essere coscienti
del propio valore ed ancora in grado di rendersi utili possa
trasferire un rilevante effetto positivo sul processo di senescenza.
Purtroppo i mezzi di comunicazione di massa non trovano,
nella società odierna, un impiego specifico in campo educazionale
e, in particolare, si rivolgono al soggetto anziano unicamente
come ad un potenziale consumatore al quale sono riservati
solo gli stereotipi commerciali delle campagne pubblicitarie.
Specie in coincidenza con qualche modesto aumento delle pensioni,
infatti, chiunque ha potuto osservare che la réclame radiotelevisiva
s'è indirizzata preferibilmente, per qualche tempo, alle persone
anziane con messaggi pubblicitari che, sovente, hanno creato
falsi bisogni a vantaggio di particolari sigle commerciali.
E' quanto avviene per gli utenti di tutte le età, nella
sostanza, ma la posizione è spesso più onerosa per il vecchio
pensionato che non dispone generalmente di mezzi per procacciarsi
redditi straordinari e deve risparmiare sulle spese quotidiane,
qualora venga persuaso ad acquistare qualcosa di cui, il più
delle volte, non ha un effettivo bisogno. Non intendiamo,
comunque, in questa lezione, approfondire nel dettaglio gli
aspetti più espressamente commerciali che riguardano il ruolo
dei "mass media" nella vita dell'anziano, dovendo occuparci
in particolare di tali strumenti sociali nella progettazione
eventuale di programmi ed interventi geragogici. Tra tutti
i processi di relazione umana che, come notavamo più sopra,
intercorrono tra il vecchio ed il suo complesso sociale, di
notevole rilievo risultano senza dubbio, nella società moderna,
i messaggi che provengono dal mezzo radiotelevisivo, a cui
si potrebbe utilmente demandare un'attribuzione educativa
che facesse propri i temi della geragogia.
Si tratterebbe di una manovra educazionale oltremodo utile,
visto che il processo di comunicazione nei confronti della
popolazione anziana è ancora piuttosto carente, come abbiamo
osservato, per tutta una serie di circostanze che incidono
in senso negativo sul microcosmo senile del nostro tempo.
Sono problemi che avremo modo di affrontare in seguito trattando
degli aspetti psicosociali che più da vicino interessano il
soggetto anziano nei suoi riferimenti con la società e con
l'ambiente.
Vorremmo invece esaminare, in questa lezione, l'importanza
dei mezzi di comunicazione sociale, con particolare avvertenza
per quelli televisivi, quali strumenti di educazione geragogica
e quali canali preferenziali attraverso cui i programmi di
formazione possano giungere alla popolazione nella sua totalità.
In sostanza si tratterebbe d'impostare una vera e propia operazione
culturale che, avvalendosi soprattutto di tali mezzi, dovrebbe
proporsi d'inserire nella cultura contemporanea i grandi temi
della gerontologia educazionale, come si sta già facendo,
del resto, in altri campi con risultati piuttosto soddisfacenti.
Per fare qualche esempio basta ricordare l'opera di sensibilizzazione
che viene attuata nei riguardi della pubblica opinione circa
i problemi ecologici, quelli della droga e dell'Aids, tanto
per citare alcune evenienze di opportuna divulgazione popolare
su temi di grande interesse medico e sociale. Per quanto riguarda
il messaggio geragogico non esiste, invece, in questo settore
della comunicazione di massa, alcun punto di riferimento che
possa essere utilizzato come ipotesi di lavoro ai fini di
una progettazione educazionale.
Non potendo, pertanto, basarci su precedenti esperienze
nè potendo disporre di pubblicazioni o memorie in proposito,
ci siamo avventurati in una serie di congetture, alcune delle
quali non si sono poi rivelate praticabili ad un esame critico
più serrato. In un primo tempo ci era parsa opportuna, al
fine di operare una differenziazione nell'approccio educazionale,
l'adozione di particolari strategie che tenessero anzitutto
conto del fatto che il pubblico televisivo è sempre piuttosto
eterogeneo e costituito da spettatori di varia età.
Per questo motivo ci sembrava auspicabile che il discorso
educativo più specifico venisse inserito in programmi diversamente
confezionati a seconda della fascia di età a cui si voleva
fossero in particolare riservati. In altri termini la proposta
geragogica avrebbe dovuto farsi in modo differenziato, sia
nel contenuto che nella realizzazione televisiva, a seconda
che fosse destinata allo spettatore anziano o che volesse
invece rispettare le esigenze culturali di una audience costituita
in prevalenza da giovani e da adulti. Nel primo caso, accanto
ad un vero e proprio "riciclaggio culturale", gli schemi programmatici
avrebbe dovuto puntare ad un ampliamento della dimensione
psicologica e sociale del vecchio, mentre nella seconda eventualità
si sarebbe dovuto affrontare di preferenza l'aspetto preventivo,
come pure la preparazione all'invecchiamento degli adulti
giovani e presenili.
Non deve meravigliare la precarietà e la sostanziale incertezza
di queste prime congetture, in parte ormai superate, perchè
le stesse furono da noi avanzate su problematiche per certi
versi sconosciute, alle quali siamo ancora oggi del tutto
impreparati. Si deve tenere presente che la strategia della
preparazione all'invecchiamento attraverso i "media" è ancora
quasi completamente da inventare, per il fatto che non possiamo
fondarci su osservazioni antecedenti nella progettazione dei
programmi, nè possiamo avvalerci di lavori e pubblicazioni
sull'argomento. Non esiste infatti una verifica scientifica
di questi primi disegni programmatici che ci furono suggeriti,
all'inizio, da illazioni analogiche formulate sulla base del
buon senso e dell'esperienza pedagogica acquisita nella pratica
geriatrica.
Tali proposte educazionali sono rimaste in definitiva delle
semplici ipotesi di lavoro, per la realizzazione delle quali
non possono sottovalutarsi comunque le difficoltà di ordine
tecnicoorganizzativo, da una parte, e quelle riferibili alla
volontà politica di chi governa le varie reti televisive,
dall'altra. Oltre tutto va considerato che la dirigenza politica,
da cui dipende la gran parte dei network, tende comunemente
a cadere nell'equivoco di intervenire in campo gerontologico
soltanto per mezzo d'ingerenze legislative che si propongono
unicamente di migliorare l'organizzazione assistenziale in
favore della popolazione anziana. Si tratta di opzioni e di
provvedimenti di ripiego che non sono ovviamente sufficienti
alla soluzione dei gravi problemi psicogeragogici che si collocano
in prevalenza alla base del disagio esistenziale tipico del
soggetto senescente.
A questo proposito occorre certamente impostare, come auspica
G. Abate, "un sistema socioeconomico attento al fattore umano
più che a quello produttivo", ma è soprattutto necessario
puntare ad una vera e propria rivoluzione culturale nel senso
geragogico che, attraverso i mezzi di comunicazione sociale,
renda possibile una preparazione collettiva alla vecchiaia
di tutta la popolazione nella sua globalità. E' questa la
soluzione che noi riteniamo oggi più facilmente attuabile
e di gran lunga preferibile alle prime ipotesi avanzate circa
programmi differenziati a seconda dell'età. Una disamina critica
delle varie possibilità offerte dal mezzo televisivo ci consente
di preferire, oggi, una vasta operazione culturale che inizi
dalla prima infanzia e si estenda a tutte le fasce di età,
incluse quelle più alte, per rinnovare l'intero complesso
sociale attraverso l'educazione complessiva di tutti i suoi
membri.
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