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Alcol e invecchiamento cerebrale - 2  

Non possiamo, comunque, soffermarci in questo resoconto sulla patologia correlata all'alcol e sull'alcol in generale, quali fattori globali dell'invecchiamento umano, perchè dobbiamo limitarci, in osservanza al tema, a valutare il peso del fattore alcol unicamente nel processo di senescenza cerebrale. L'alcol, infatti, è uno dei tanti fattori extragenetici che possono interferire nel fenomeno della senilizzazione umana o direttamente o attraverso la mediazione del fatto morboso. Secondo Alcuni, infatti, l'abuso di bevande alcoliche può comportarsi come un fattore d'invecchiamento accelerato in quanto causa diretta di senilizzazione e/o di patologia degenerativa correlata. Altri, invece, ritengono tale conclusione troppo assiomatica e preferiscono, allo stadio attuale delle conoscenze, considerarla piuttosto come una semplice congettura che attende di essere definitivamente confermata.

A nostro avviso, come vedremo, non possono sussistere dubbi ragionevoli sull'azione dell'alcol come fattore d'invecchiamento, mentre non ci sembra ancora del tutto accertato se all'alcol possa essere attribuita un'azione diretta, favorente cioè taluni guasti biochimici o molecolari che, forse, caratterizzano anche l'essenza dell'invecchiamento biologico, o se invece l'alcol agisca sempre e soltanto indirettamente attraverso le note manifestazioni cliniche dell'etilismo cronico. In attesa di ritornare brevemente su tale argomento vorremmo delineare intanto il profilo anatomofunzionale del cervello senile che mostra indubbiamente suggestive analogie con gli effetti che l'alcol produce sulle strutture del S.N.C. (negli etilisti giovani, ad esempio) e che, in via non del tutto ipotetica, potrebbero sovrapporsi a quelli determinati dall'età, accelerando, quindi, il processo della senescenza biologica. Il quadro anatomico dell'invecchiamento cerebrale, come è noto, cataloga il calo ponderale delle strutture cerebrali, il depauperamento neuronale, alcune alterazioni dell'architettura dendritica, accumuli di lipofuscina, rare placche senili, "tangles" neurofibrillari ed una degenerazione granulovacuolare delle cellule nervose.

Sul versante funzionale possono elencarsi parimenti la diminuzione del flusso ematico cerebrale totale e distrettuale, il declino della performance motoria e sensoriale, le turbe mnesiche ed una specifica rigidità affettiva e comportamentale. Sulla base di queste variazioni etàcorrelate si può inserire l'azione lesiva dell'alcol che, come abbiamo già rilevato, è in grado di provocare anch'esso atrofia corticale e cerebellare, riduzione del flusso ematico proprio a livello ippocampale come avviene elettivamente nella senescenza fisiologica, alterazioni della neurotrasmisione e varie commutazioni neuropsichiche. Ma per quanto questi accostamenti possano apparire suggestivi è evidente che finchè non avremo maggiori e più sicure conoscenze sul processo d'invecchiamento "fisiologico", anche la comprensione degli effetti dell'alcol su tale processo continuerà ad essere piuttosto difficoltosa.

Le analogie che abbiamo più sopra riportato, infatti, sono ricavate in gran parte da studi descrittivi, da cui, oggi, la neurobiologia dell'invecchiamento cerebrale dovrebbe distaccarsi per affrontare l'analisi dei possibili meccanismi fisiopatologici della senescenza neuronale. La maggior parte delle più diffuse teorie sull'invecchiamento non sono oggi più sostenibili e non vi è più alcun dubbio, ormai, che molte delle modificazioni attribuite all'età possano essere determinate da un programma poligenico. Questo vuol dire che l'invecchiamento può risultare da un complesso di eventi biochimici consecutivi regolati da geni diversi, la cui espressione metabolica a sua volta è controllabile da svariati fattori extragenetici. Tra questi potrebbe collocarsi il fattore alcol che, in un sistema sviluppato come il cervello umano, è teoricamente in grado di intervenire controllando direttamente, e non soltanto attraverso la mediazione dell'evento morboso, il meccanismo dell'espressione genica.

Naturalmente tale intervento diretto dell'alcol sul programma poligenico che determina le alterazioni relative all'età dovrebbe avvenire con meccanismi positivi, in grado di aumentare, ad esempio, un prodotto metabolico che si correli positivamente con la senilizzazione cerebrale. Alla luce delle moderne conoscenze, comunque, non è difficile ipotizzare anche altri verosimili meccanismi attraverso i quali l'uso/abuso di bevande alcoliche potrebbe accelerare i processi involutivi del cervello. Non intendiamo però addentrarci in questo campo specifico in quanto, avendo questa trattazione fini eminentemente pedagogici, ci sembra sufficiente accennare soltanto ad alcuni dei più noti effetti che l'etanolo ed i suoi metaboliti avrebbero sulla cellula neuronale. Le principali azioni che vengono riconosciute all'alcol sulle strutture e sulle funzioni del neurone sono rappresentate da un effetto diretto sulle membrane della cellula nervosa, dalla sua intromissione; anch'essa diretta, nel turnover dei neurotrasmettitori e dagli effetti indiretti provocati dai suoi metaboliti sulla compagine cellulare.

Per quanto concerne l'azione dell'alcol sulla membrana neuronale è dimostrato che esso interagisce con la fase lipidica della stessa, ne modifica la fluidità e ne altera la permeabilità ionica, costituendo probabilmente dei legami non polari con le catene idrocarboniose. Per essere più precisi l'etanolo ad alte concentrazioni trasforma in modo aspecifico l'aspetto della membrana, mentre a quote più basse interferisce sul neurone variando soltanto la cinetica del trasporto transmembrana di Na+, K+ e Ca++. L'etanolo, infatti, è in grado di produrre una inibizione della Na+, K+ ATPasi di membrana che agisce sulla pompa cationica responsabile del mantenimento dei gradienti di Na+ e K+ attraverso la membrana citoplasmatica. Per quanto riguarda il calcio, pur mancando una diretta dimostrazione sulla ingerenza dell'etanolo nella cinetica transmembrana di questo ione, è possibile tuttavia ipotizzare una analoga azione inibente dell'alcol anche sulle pompe energiadipendenti di espulsione del calcio.

Queste ultime acquisizioni, di notevole evidenza scientifica, derivano dall'importante evoluzione che in questi ultimi anni ha avuto la neurobiologia dell'invecchiamento e permettono di esplorare nuovi meccanismi fisiopatologici per i vari fattori extragenetici, alcol compreso, della senescenza umana. Per dare ulteriore impulso agli studi sui vari fattori ambientali dell'invecchiamento cerebrale è necessario, come abbiamo già osservato, spostare l'attenzione dalle vecchie indagini descrittive alla moderna neurobiologia molecolare. La dimostrazione che alcuni interventi esterni possono avere un'influenza sull'attuazione del programma genetico ci autorizza a ricercare una via finale comune per le modificazioni cerebrali associate all'invecchiamento.

Vi sono oggi documentazioni valide a conferma che l'alterazione dell'omeostasi calcioionica può rappresentare appunto la via finale comune dell'invecchiamento cerebrale "fisiologico" e, come nel nostro caso, anche dell'invecchiamento "accelerato" per l'intervento di fattori ambientali sovrapposti, quali appunto l'abuso alcolico. Anche se esistono congegni biologici diversi mediante i quali la regolazione della [Ca++]i nel citosol neuronale può venire modificata (alterazioni dei canali del calcio, riduzione delle proteine calcioleganti, variazioni delle pompe di estrusione e dei meccanismi di sequestro), uno dei più probabili eventi che causano l'alterazione dell'omeostasi calcica è rappresentato dalla modificazione strutturale e funzionale delle membrane.

Le variazioni strutturali di membrana, infatti, alterando la funzione di trasporto calcioionico, determinano necessariamente delle modificazioni nella concentrazione del Ca++ citosolico che possono associarsi all'invecchiamento ed alla morte cellulare. In particolare anche piccoli aumenti del calcio intracellulare, prolungati per un lungo periodo di tempo, possono portare al danneggiamento neuronale per l'attivazione di processi metabolici e di attività enzimatiche che, attraverso la liberazione di metaboliti attivi, prostaglandine e leucotrieni, sarebbe in grado di danneggiare ulteriormente, in una sorta di circolo vizioso, la membrana cellulare sino ad arrivare, in ultima analisi, alla necrosi del neurone. Per quanto concerne l'azione dell'alcol sul turnover dei neurotrasmettitori la maggior parte delle conoscenze odierne deriva da studi sperimentali che sono stati per lo più condotti con somministrazione acuta di etanolo.

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