Non possiamo, comunque, soffermarci in questo resoconto sulla
patologia correlata all'alcol e sull'alcol in generale, quali
fattori globali dell'invecchiamento umano, perchè dobbiamo
limitarci, in osservanza al tema, a valutare il peso del fattore
alcol unicamente nel processo di senescenza cerebrale. L'alcol,
infatti, è uno dei tanti fattori extragenetici che possono
interferire nel fenomeno della senilizzazione umana o direttamente
o attraverso la mediazione del fatto morboso. Secondo Alcuni,
infatti, l'abuso di bevande alcoliche può comportarsi come
un fattore d'invecchiamento accelerato in quanto causa diretta
di senilizzazione e/o di patologia degenerativa correlata.
Altri, invece, ritengono tale conclusione troppo assiomatica
e preferiscono, allo stadio attuale delle conoscenze, considerarla
piuttosto come una semplice congettura che attende di essere
definitivamente confermata.
A nostro avviso, come vedremo, non possono sussistere dubbi
ragionevoli sull'azione dell'alcol come fattore d'invecchiamento,
mentre non ci sembra ancora del tutto accertato se all'alcol
possa essere attribuita un'azione diretta, favorente cioè
taluni guasti biochimici o molecolari che, forse, caratterizzano
anche l'essenza dell'invecchiamento biologico, o se invece
l'alcol agisca sempre e soltanto indirettamente attraverso
le note manifestazioni cliniche dell'etilismo cronico. In
attesa di ritornare brevemente su tale argomento vorremmo
delineare intanto il profilo anatomofunzionale del cervello
senile che mostra indubbiamente suggestive analogie con gli
effetti che l'alcol produce sulle strutture del S.N.C. (negli
etilisti giovani, ad esempio) e che, in via non del tutto
ipotetica, potrebbero sovrapporsi a quelli determinati dall'età,
accelerando, quindi, il processo della senescenza biologica.
Il quadro anatomico dell'invecchiamento cerebrale, come è
noto, cataloga il calo ponderale delle strutture cerebrali,
il depauperamento neuronale, alcune alterazioni dell'architettura
dendritica, accumuli di lipofuscina, rare placche senili,
"tangles" neurofibrillari ed una degenerazione granulovacuolare
delle cellule nervose.
Sul versante funzionale possono elencarsi parimenti la diminuzione
del flusso ematico cerebrale totale e distrettuale, il declino
della performance motoria e sensoriale, le turbe mnesiche
ed una specifica rigidità affettiva e comportamentale. Sulla
base di queste variazioni etàcorrelate si può inserire l'azione
lesiva dell'alcol che, come abbiamo già rilevato, è in grado
di provocare anch'esso atrofia corticale e cerebellare, riduzione
del flusso ematico proprio a livello ippocampale come avviene
elettivamente nella senescenza fisiologica, alterazioni della
neurotrasmisione e varie commutazioni neuropsichiche. Ma per
quanto questi accostamenti possano apparire suggestivi è evidente
che finchè non avremo maggiori e più sicure conoscenze sul
processo d'invecchiamento "fisiologico", anche la comprensione
degli effetti dell'alcol su tale processo continuerà ad essere
piuttosto difficoltosa.
Le analogie che abbiamo più sopra riportato, infatti, sono
ricavate in gran parte da studi descrittivi, da cui, oggi,
la neurobiologia dell'invecchiamento cerebrale dovrebbe distaccarsi
per affrontare l'analisi dei possibili meccanismi fisiopatologici
della senescenza neuronale. La maggior parte delle più diffuse
teorie sull'invecchiamento non sono oggi più sostenibili e
non vi è più alcun dubbio, ormai, che molte delle modificazioni
attribuite all'età possano essere determinate da un programma
poligenico. Questo vuol dire che l'invecchiamento può risultare
da un complesso di eventi biochimici consecutivi regolati
da geni diversi, la cui espressione metabolica a sua volta
è controllabile da svariati fattori extragenetici. Tra questi
potrebbe collocarsi il fattore alcol che, in un sistema sviluppato
come il cervello umano, è teoricamente in grado di intervenire
controllando direttamente, e non soltanto attraverso la mediazione
dell'evento morboso, il meccanismo dell'espressione genica.
Naturalmente tale intervento diretto dell'alcol sul programma
poligenico che determina le alterazioni relative all'età dovrebbe
avvenire con meccanismi positivi, in grado di aumentare, ad
esempio, un prodotto metabolico che si correli positivamente
con la senilizzazione cerebrale. Alla luce delle moderne conoscenze,
comunque, non è difficile ipotizzare anche altri verosimili
meccanismi attraverso i quali l'uso/abuso di bevande alcoliche
potrebbe accelerare i processi involutivi del cervello. Non
intendiamo però addentrarci in questo campo specifico in quanto,
avendo questa trattazione fini eminentemente pedagogici, ci
sembra sufficiente accennare soltanto ad alcuni dei più noti
effetti che l'etanolo ed i suoi metaboliti avrebbero sulla
cellula neuronale. Le principali azioni che vengono riconosciute
all'alcol sulle strutture e sulle funzioni del neurone sono
rappresentate da un effetto diretto sulle membrane della cellula
nervosa, dalla sua intromissione; anch'essa diretta, nel turnover
dei neurotrasmettitori e dagli effetti indiretti provocati
dai suoi metaboliti sulla compagine cellulare.
Per quanto concerne l'azione dell'alcol sulla membrana neuronale
è dimostrato che esso interagisce con la fase lipidica della
stessa, ne modifica la fluidità e ne altera la permeabilità
ionica, costituendo probabilmente dei legami non polari con
le catene idrocarboniose. Per essere più precisi l'etanolo
ad alte concentrazioni trasforma in modo aspecifico l'aspetto
della membrana, mentre a quote più basse interferisce sul
neurone variando soltanto la cinetica del trasporto transmembrana
di Na+, K+ e Ca++. L'etanolo, infatti, è in grado di produrre
una inibizione della Na+, K+ ATPasi di membrana che agisce
sulla pompa cationica responsabile del mantenimento dei gradienti
di Na+ e K+ attraverso la membrana citoplasmatica. Per quanto
riguarda il calcio, pur mancando una diretta dimostrazione
sulla ingerenza dell'etanolo nella cinetica transmembrana
di questo ione, è possibile tuttavia ipotizzare una analoga
azione inibente dell'alcol anche sulle pompe energiadipendenti
di espulsione del calcio.
Queste ultime acquisizioni, di notevole evidenza scientifica,
derivano dall'importante evoluzione che in questi ultimi anni
ha avuto la neurobiologia dell'invecchiamento e permettono
di esplorare nuovi meccanismi fisiopatologici per i vari fattori
extragenetici, alcol compreso, della senescenza umana. Per
dare ulteriore impulso agli studi sui vari fattori ambientali
dell'invecchiamento cerebrale è necessario, come abbiamo già
osservato, spostare l'attenzione dalle vecchie indagini descrittive
alla moderna neurobiologia molecolare. La dimostrazione che
alcuni interventi esterni possono avere un'influenza sull'attuazione
del programma genetico ci autorizza a ricercare una via finale
comune per le modificazioni cerebrali associate all'invecchiamento.
Vi sono oggi documentazioni valide a conferma che l'alterazione
dell'omeostasi calcioionica può rappresentare appunto la via
finale comune dell'invecchiamento cerebrale "fisiologico"
e, come nel nostro caso, anche dell'invecchiamento "accelerato"
per l'intervento di fattori ambientali sovrapposti, quali
appunto l'abuso alcolico. Anche se esistono congegni biologici
diversi mediante i quali la regolazione della [Ca++]i nel
citosol neuronale può venire modificata (alterazioni dei canali
del calcio, riduzione delle proteine calcioleganti, variazioni
delle pompe di estrusione e dei meccanismi di sequestro),
uno dei più probabili eventi che causano l'alterazione dell'omeostasi
calcica è rappresentato dalla modificazione strutturale e
funzionale delle membrane.
Le variazioni strutturali di membrana, infatti, alterando
la funzione di trasporto calcioionico, determinano necessariamente
delle modificazioni nella concentrazione del Ca++ citosolico
che possono associarsi all'invecchiamento ed alla morte cellulare.
In particolare anche piccoli aumenti del calcio intracellulare,
prolungati per un lungo periodo di tempo, possono portare
al danneggiamento neuronale per l'attivazione di processi
metabolici e di attività enzimatiche che, attraverso la liberazione
di metaboliti attivi, prostaglandine e leucotrieni, sarebbe
in grado di danneggiare ulteriormente, in una sorta di circolo
vizioso, la membrana cellulare sino ad arrivare, in ultima
analisi, alla necrosi del neurone. Per quanto concerne l'azione
dell'alcol sul turnover dei neurotrasmettitori la maggior
parte delle conoscenze odierne deriva da studi sperimentali
che sono stati per lo più condotti con somministrazione acuta
di etanolo.
<Torna all'inizio
Vai alla terza parte>
|
|