di
Luigi G. Grezzana Direttore
Scuola Medica Ospedaliera-Corso Superiore di Geriatria
Direttore della rivista scientifica "Il Fracastoro"
Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona
Matteo Grezzana Dirigente medico UOC
di Geriatria
Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona
Nella vita di ciascuno di noi c'è un miscuglio di
sentimenti, di sapienza, di storia, di memoria, che va oltre
la nostra capacità di dominio prepotente.
È follia pretendere di misurare tutto, di determinare
tutto, di costruire tutto.
L'anziano è l'esatto opposto dell'onnipotenza. Se
non ci fossero gli anziani, questo pericolo sarebbe certamente
più grande, si rischierebbe il culto puntiglioso dell'efficientismo,
si porrebbe più attenzione sul fare piuttosto che sull'essere.
L'efficienza, seppur importante, non può che rimanere
strumento. Rimane compito, del nostro essere, la responsabilità
di costruire assieme un destino.
Gli anziani sono la prova evidente della parziale efficienza
dell'uomo.
È pertinente chiedersi quale sia il senso ultimo dell'affannarsi
di una intera società. Affannarsi, talvolta, per l'effimero,
per il fugace, per ciò che non merita.
Inoltre, se non ci fossero gli anziani, rischieremmo la perdita
della memoria e, quindi, della storia.
Perché il susseguirsi dei fatti diventi storia, occorre
una continuità di persone che intreccino, con l'agire,
i sentimenti, le fatiche, le sofferenze, le speranze e che
costruiscano il cammino dell'umanità.
Le nostre città, i nostri borghi sono ricchissimi di
tracce e segni antichi.
L'uomo è soggetto attivo della storia. È cerniera
fra ciò che è prima di noi e ciò che
noi siamo.
L'anziano è, in quest'ottica, di grande rilievo in
un'intera società. Senza di loro si svuota la memoria.
L'anziano ha concorso a fare la storia. Inoltre, se mancassero
i vecchi, si rischierebbe la perdita del valore della gratuità.
Bisogna riscoprire e tradurre questo valore in una capacità
creativa, generosa, semplice, ma preziosissima di prossimità,
di vicinanza all'altro per capire ciò che è
veramente importante e non in rapporto al " ti do se
mi dai".
La nostra storia è quello che è, perché
i nostri padri hanno avuto questo senso della gratuità.
Non c'è dubbio che se un tempo avessero lavorato misurando
il "il quanto ti do, il se mi conviene" non avremmo
le infinite opere d'arte che caratterizzano il nostro paese.
Ciò che dura, ciò che permane è fuori
dal gioco del prezzo del mercato. Ciò che vale è
grande ed espressivo e dà senso alla vita.
Il senso della gratuità va visto in questa prospettiva.
Gli anziani hanno questo dono da portare alla società,
proprio perché l'inesorabile evolvere delle cose, li
mette fuori dalla logica del mercato.
In questa ottica, se non ci fossero gli anziani, la società
perderebbe qualcosa di molto prezioso.
Talvolta, mi domando che cosa si possa chiedere agli anziani.
Innanzi tutto, di dare a quest'epoca, un po' di mitezza. Viviamo
in una società violenta e la violenza, spesso, raggiunge
il clamore della cronaca. È una violenza, non di rado,
frutto di un affanno mercantile. È una isteria sociale.
Gli anziani portano questa mitezza, questa capacità
di mettersi in rapporto con l'altro, dell'ascolto vissuto
volentieri, che dà senso all'altro.
Si scopre qualcosa di nuovo in chi ha qualcosa da dire. È
un approccio di dolcezza, di ragionevolezza, nel considerare
i problemi e le cose.
L'anziano, ormai padrone di se stesso, impara a considerare
le cose grandi e piccole veramente per quel che sono. È,
in definitiva, una seminazione di sapienza.
La parola sapienza deriva da "sapere", da qualcosa
che ha sapore, dalla sapidità che è, in fondo,
il senso del vivere e dà senso alle "cose alte".
Ciò che accade, spesso, è disordinato, ma la
sapienza consente la giusta osservazione e, questo certamente
si contrappone alla violenza che permea la nostra società.
È un bisogno primario del vivere tutti i giorni.
Vivendo con gli anziani si coglie in loro un desiderio quasi
disperato di comunicare, di trovare qualcuno che li ascolti,
di confidarsi. Non solo, però, amano essere ascoltati,
ma hanno anche la capacità di saper ascoltare.
Spesso li invito a muoversi per primi verso gli altri, a
rifiutare di arroccarsi e di chiudersi nel loro isolamento.
Sarebbe auspicabile che vivessero in modo dinamico, generoso,
muovendosi per primi, prendendo ciascuno l'iniziativa di incontrare
l'altro.
Da ultimo, è pertinente chiedere agli anziani l'insegnamento
della sobrietà. Anche in una società consumistica
come la nostra, è possibile vivere la sobrietà,
se lo vogliamo e questa virtù è, oggi, ancora
più importante perché viviamo nel consumismo.
È facile rinunciare ad una cosa quando non c'è,
importante è sapervi rinunciare quando c'è.
Quindi, sobrietà come scelta di una libertà
responsabile. Si dovrebbe avere il coraggio di un po' di sacrificio.
Si dovrebbe fare della sobrietà una scelta di vita.
La sobrietà dovrebbe essere vista come uno stile di
vita, come una condizione della nostra libertà.
Infine, dovremmo chiedere agli anziani di non diffondere
desolazione ed amarezza, ma fiducia e gioia nel futuro. Gli
anziani, proprio perché ne hanno viste tante, proprio
perché hanno provato veramente la sofferenza, possono
insegnarci che vivere è bello, ne vale la pena, fosse
solo anche per un attimo.
Luigi G. Grezzana Direttore Scuola
Medica Ospedaliera-Corso Superiore di
Geriatria
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Matteo Grezzana Dirigente medico UOC di
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