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Geragogia : riferimenti teorici per un'azione educazionale di prevenzione nell'adulto e nell'anziano Torna agli editoriali

di Irene Richini
socio-pedagogista

Nell'intervento si intendono tracciare le coordinate di base indispensabili per la corretta impostazione di interventi formativi per adulti, pensati e progettati anche in un'ottica di prevenzione primaria. Il costante riferimento è al soggetto attivo, di volta in volta cliente o paziente ma sempre - nel modello bio-psico-sociale - principalmente persona e protagonista della propria esistenza. L'educazione degli adulti - in quanto disciplina - getta le basi, attraverso l'andragogia e l'educazione permanente, di una didattica idonea ad interventi formativi e informativi anche di area geragogica e\o gerontologico-educazionale.

BOX di Premessa: quando si è anziani? L'anziano è colui che non lavora più? A che età si diventa vecchi?

BOX: Il difficile Identikit dell'anziano:

Le scienze sociali distinguono le persone di una certa età nelle seguenti tre categorie (Lazzarini, 1993):
1) incipienti (dai 58 ai 64 anni)
2) giovani-vecchi (dai 65 ai 74 anni)
3) anziani (oltre i 74 anni)

E' evidente che il livello di invecchiamento individuale dipende anche da fattori diversi dall'età come per esempio la storia personale o da altre variabili come sesso, classe sociale, ma anche dal livello di autostima, dalla quantità e qualità di relazioni significative intrattenute, dalla percezione della propria utilità e indipendenza e così via.

Frame metodologico\didattico
La strutturazione e l'erogazione di qualsiasi percorso formativo per adulti che persegua anche obiettivi di prevenzione primaria in termini di salute - intesa nell'accezione olistica di un benessere bio-psico-sociale - non potrà che rifarsi ad una metodologia didattica che segua i principi dell'educazione degli adulti.
L'educazione rivolta all'adulto, infatti, attua un "appoggio" alla persona riconoscendo nell'adulto stesso il bisogno e la capacità di autoguidarsi, di usare la propria esperienza, di valutare la propria disponibilità ad apprendere e ad organizzare tale apprendimento attorno a problemi reali.

Per fare tutto questo l'adulto deve poter operare una selezione all'interno di un'offerta, scegliendo di imparare ciò che ritiene possa servirgli realmente.
L'affermazione del lifelong-learning - ma anche lo sviluppo di ricerche di adult-learning svolte in area anglosassone attingendo al settore sociologico - ha trovato radici nell'idea che "l'essere umano è destinato a non essere mai una totaliltà compiuta" (Fontana 1984) oltre che negli studi in varie aree psicologiche che hanno sottolineato la presenza di elementi dinamici ed evolutivi lungo tutto il corso della vita.
L'educazione permanente risponde a una azione formativa che continua per tutto l'arco della vita e sostiene l'individuo in una duttile evoluzione nel mondo che cambia.
La didattica degli adulti risponde al bisogno di acquisire conoscenze utilizzabili concretamente e deve pertanto costituirsi partendo da una riflessione sulla età adulta.
Cio significa che serve anzitutto tener conto del soggetto destinatario che, al momento della formazione, è già dotato di un patrimonio culturale maturo ed operante.
Serve, in altre parole, non perdere di vista la peculiarità adulta che vede il soggetto fortemente strutturato, pertanto ogni ulterore "insegnamento" non potrà che inserirsi nel solco delle esperienze già maturate.
Ogni proposta formativa dovrà far leva sulla disponibilità ad apprendere: su tale disponibilità influiscono indicatori classici (età, sesso, livello scolarità, professionalità) insieme a fattori diversi, legati all'ambiente di vita.
Una didattica per adulti punterà:
- al riutilizzo applicativo di conoscenze;
- al potenziamento di meta-competenze (introspezione, ragionamento, creatività);
- al recupero di saperi già acquisiti;
- al superamento di credenze inadeguate;
- a sollecitare la scoperta di diversi universi conoscitivi.
Una linea metodologica basilare è costituita - a parere di chi scrive - dalla progettazione in comune di almeno una parte del percorso formativo.

Frame Teorico\Epistemologico
Il paradigma metodologico emerge dalla dimensione dell'agire, all'interno di una epistemologia operativa centrata sui processi del conoscere prima ancora che sui risultati.
In un percorso formativo infatti si ritiene di poter "seminare" e non necessariamente e illusoriamente di poter immediatamente raccogliere (da qui l'importanza di una educazione all'invecchiamento che preceda l'età geriatrica).

Parlare di conoscenza oggi significa dare rilevanza ad altri aspetti oltre a quelli puramente razionali: la conoscenza è autonoma perché risponde a forme organizzative autonome e soggettive.
Il quadro di riferimento costante della azione formativa sarà basato sul percorso azione - riflessione - analisi operando affinchè i saperi, le conoscenze, i concetti non vengano mai calati dall'alto ma co-costruiti.
Solo in tal modo il processo formativo è azione + riflessione + analisi, insieme.
Ogni intervento formativo sarà improntato alla trasformazione ponendo in tal modo le basi per un possibile cambiamento.

Frame Progettuale
Progettare la formazione significa strutturare situazioni di apprendimento avendo chiaro che l'azione formativa verso adulti non è terapeutica, ma è una proposta fatta a individui singoli e\o a gruppi di individui per facilitare i loro scambi e le loro relazioni, il loro benessere ecc. in vista di un lento ma costante e continuo cambiamento in senso evolutivo.
Nel processo formativo rivolto ad adulti il formatore è infatti principalmente un facilitatore coinvolto esso stesso nella relazione di formazione.
Inoltre l'analisi dell'utenza e la formulazione di un processo di diagnosi comprendente sia una ipotesi diagnostica che la condivisione della analisi dei bisogni si costituiscono come essenziale premessa per l'eventuale avvio di qualsiasi percorso formativo che punti su principi andragogica e geragogici.
La formazione non si improvvisa ma si progetta con chiari riferimenti teorici e con l'utilizzo di specifiche procedure e strumenti.
In fase progettuale potrà anche essere incluso uno step specifico afferente la valutazione dell'intero processo formativo sia di tipo quantitativo (se e in che misura sono stati soddisfatti i bisogni rilevati in premessa come obiettivi del percorso formativo) sia di tipo qualitativo (accerta come sono stati soddisfatti i bisogni e gli obiettivi "scoprendo" quali processi relazionali e sociali sono stati messi in atto).
La valutazione, si è detto, riguarda l'intero percorso formativo e si estrinseca in forma continua in un percorso che lega valutazioni ex ante (verifica delle premesse), in itinere (monitoraggio e correzioni), ex post (risultati e ricadute formative).
La valutazione di cui sopra - che può essere considerata esterna, in quando opera una comparazione fra le diverse fasi per capirne il grado di coerenza rispetto alla globalità del progetto - deve essere costantemente integrata da una valutazione interna, che coinvolge i soggetti in

formazione in percorsi di autovalutazione per individuare gli "spazi di perfettibilità" su cui continuare a "lavorare".

A titolo esemplificativo si dà nota di una possibile procedura (strumento) utilizzabile sia per la valutazione interna che per quella esterna, la quale prevede la valutazione delle "forze in gioco" e si basa sul diagramma di Lewin (Force Field Analysis: analisi delle forze in campo) che aiuta nella ricerca di strategie per affrontare il problema o i problemi rilevati qualora il momento formativo sia rivolto a un gruppo di persone.
Lo schema che ne deriva può essere prodotto anche direttamente in fase formativa in modo che i fruitori del percorso educativo partecipino e contribuiscano in modo attivo - come sopra detto - alla costruzione del percorso che li riguarda.
Lo schema ha il pregio di rendere visibile il problema in termini semplificati e quindi comprensibili (Curtolo, 1998):

(Diagramma di Lewin,1951, Force Field Analysis)

L'interpretazione dello schema prodotto in situazione dovrà sempre attenersi al criterio della finalizzazione, ponendo cioè costante attenzione alla produzione di analisi utili e attinenti agli intenti formativi in atto e quindi riferibili agli obiettivi formativi dichiarati e concordati col gruppo e con la committenza.
L'ipotesi fondante del metodo è costituita dall'idea che
"ogni situazione è in uno stato di equilibrio in un determinato momento poiché le forze che agiscono per cambiare sono equamente contrapposte da forze che operano per mantenere le cose come stanno" (Curtolo, 1998: p.48).

Lo schema è quindi utilizzabile in opera, come strumento che aiuti ad oggettivizzare costrutti, predisponendo da un lato alla ricerca di punti convergenti dai quali ripartire su percorsi comuni, dall'altro a relativizzare eventuali resistenze e sentimenti negativi frequenti in situazioni dichiaratamente strutturate in vista di un cambiamento.
Serve predisporre il campo e orientare le persone, in modo diverso, i cambiamenti rischiano di rimanere sulla carta.

L'essere umano per trasformarsi e avanzare verso il non-conosciuto ha bisogno di sostegno e orientamento.Il cambiamento - in generale e per usare una espressione figurativa -costituisce tante nuove nascite e ogni volta serve imparare di nuovo a camminare, parlare, comunicare.

Il cambiamento del soggetto e il cambiamento sociale sono in relazione di stretta dipendenza e insieme costituiscono evoluzione culturale.
Dal canto suo, anche il formatore, a parere di chi scrive, dovrà sempre più spesso sapersi proporre in modo nuovo, non quindi solo in termini di "consultant" o "adviser" ma anche come "consuelor" che si faccia accompagnatore (in immersione o a distanza, a seconda delle diverse formule tagliate di volta in volta sullo specifico caso o intervento).

CONCLUSIONE
Sui temi formazione geragogica e prevenzione primaria sorge evidente un interrogativo: le persone devono attivarsi singolarmente o è la società - attraverso politiche attive territoriali - ad avere doveri rispetto a tali obiettivi e compiti? Si tratta di un percorso di educazione individuale o collettiva?
La domanda è lecita anche se la risposta pare ovvia.
La realizzazione della funzione geragogica (educazione all'invecchiamento) spetta alla società che non può limitarsi all'assistenza degli anziani ma deve pedagogizzare se stessa in via preventiva. Si tratta di una forma di auto-educazione della intera società che trova possibile stimolo e realizzazione attraverso strumenti soprattutto istituzionali.
Per rimanere al livello locale, le Comunità Montane (ruolo di indirizzo), i Comuni (ruolo di Gestione dei Servizi), le A.S.L. (ruolo di programmazione e coordinamento dei servizi sanitari e socio-sanitari), insomma, l'intero sistema dei servizi alle persone - comprendendo in esso anche le realtà di terzo settore - deve rispondere concretamente a tali istanze sociali derivanti dal trend di invecchiamento della società nel suo insieme.

La funzione formativa di cui si è trattato nel presente contributo ha una sua logica se e quando si inserisca come componente di una strategia più vasta di reale riorganizzazione del sistema sociale.

Bibliografia:
Baldassarre V.A., a cura di, Progettare la formazione, Carocci, Roma, 2001
Casula C., I porcospini di Schopenhauer. Come progettare e condurre un gruppo di formazione per adulti, Franco Angeli, Milano, 1997
Curtolo C., La consulenza istituzionale fra trasformazione ed intervento, Logos, Padova, 1998
Fontana D., Personalità e educazione, il Mulino, Bologna, 1984
Fabbri D., Epistemologia operativa e processi di apprendimento, in U. Morelli, a cura di, La Formazione: modelli e metodi, F. Angeli, Roma, 1986
Gagliardi P., (a cura di), Le imprese come culture, UTET, Torino, 1995
La Neve C., Il campo della didattica, La Scuola, Brescia, 1997
Lazzarini G., Invecchiare in città, Franco Angeli, 1993

Dott.ssa Irene Richini, pedagogista sociale - irenerichini@alice.it

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