di
Anna Giulia Cattaneo
Università dell'Insubria, Dipartimento di Biologia
Strutturale e Funzionale, Via J.H.Dunant, 3 - 21100 Varese
Lo studio dei processi di invecchiamento deve affrontare
una serie di problemi, a partire dalla definizione stessa
del fenomeno.
La biologia comparata mette ancor più in evidenza la
complessità dell'argomento:esistono infatti forme di
vita in cui l'invecchiamento dell'individuo è praticamente
inesistente, altre in cui è possibile, ma viene raramente
raggiunto per il verificarsi di eventi di predazione che pongono
fine alla vita di solito prima che si osservi il declino senile.
Fra gli animali superiori l'invecchiamento è appannaggio
quasi esclusivo di un numero limitato di specie, fra cui l'uomo,
le specie soggette ad addomesticamento o che comunque vivono
in cattività, e quelle che nel loro ambiente non hanno
predatori. Anche in questo caso tuttavia i quesiti sono numerosi
e generano un certo disordine. Non è chiaro quale relazione
esista, e se ce ne sia in realtà una, fra la durata
dell'invecchiamento ed il life span, l'aspettativa di vita
per la specie. Così, per esempio, è noto che
nelle società di tipo occidentale la donna vive in
media alcuni anni più dell'uomo, ma resta da definire
se l'invecchiamento sia posticipato in questo sesso, o se
si tratti di un processo più lento, ma contemporaneo
nei due sessi.
Numerosi parametri clinici sono stati di recente rivisitati
per stabilire nuovi criteri di normalità in relazione
all'età e al sesso. Fra quelli non ovvi, si ricordino
alcuni criteri di valutazione elettrocardiografica (in particolare
il tempo di ripolarizzazione ventricolare, la regressione
delle anomalie postinfartuali del tratto ST e dell'onda T,
i parametri per la valutazione del test da sforzo, la durata
del complesso QRS), l'incidenza e la prevalenza di ipertensione
arteriosa, l'escrezione urinaria di adrenalina e noradrenalina,
il tempo di sedimentazione eritrocitario. Dall'insieme dei
dati tuttavia non si può ancora evidenziare con chiarezza
se esistano indici di rischio che abbiano un comportamento
temporale diverso nei due sessi, ad eccezione di quelli direttamente
legati alla menopausa, fra cui anche alcuni indici ematologici.
E' diventato uso comune fare iniziare per praticità
l'età geriatrica attorno alla 6° o 7° decade
di vita, e tuttavia ci si può chiedere con perplessità
dove collocare alcune sindromi come la progeria, o le sindromi
di Kochayne e di Werner. L'unico criterio spesso associato
con l'età avanzata è piuttosto la maggiore frequenza,
non la natura delle patologie ritenute di competenza geriatrica.
Anche il deterioramento delle funzioni d'organo, piuttosto
frequente nell'individuo anziano, dipende solo in parte dall'accumularsi
di insulti nel corso del tempo, spesso è invece il
risultato di malattie che possono manifestarsi a qualsiasi
età, e in molti casi guarire a qualsiasi età,
se debitamente curate. Le funzioni d'organo che sembrerebbero
decadere specificamente con l'avanzare dell'età sono
in realtà poche, forse limitate solo a taluni disturbi
visivi e al declino generale delle funzioni endocrine: nè
l'uno nè l'altro evento è di per sè mortale,
e sarebbe interessante approfondire in quale misura la carenza
di stimoli ormonali sia direttamente implicata nei processi
di invecchiamento a vari livelli. Il coinvolgimento delle
funzioni endocrine (e non solo di quelle legate alle funzioni
riproduttive) nei processi di morte cellulare programmata
in diversi organi e tessuti che divengono atrofici con il
progredire dell'età è solo parzialmente noto,
e potrebbe invece essere il punto-chiave per spiegare i principali
processi di invecchiamento umano, comprese le già citate
sindromi di invecchiamento precoce.
Allo stato attuale delle conoscenze, pertanto, lo studio
dell'invecchiamento resta una delle aree più vivaci
della biologia, che potrebbe trovare molti chiarimenti nell'approfondimento
delle conoscenze sui meccanismi di invecchiamento e morte
delle cellule.
I processi di morte cellulare: necrosi e apoptosi
Le vie che possono portare alla morte delle cellule sono
distinte e ben riconoscibili; in particolare si è giunti
a distinguere con precisione gli aspetti e i meccanismi di
regolazione della cosiddetta "morte cellulare programmata"
(PCD) da quelli che caratterizzano un evento più rapido.
Nelle cellule animali è invalso l'uso di denominare
con il termine apoptosi il primo dei due processi, con quello
di necrosi l'altro.
Il termine apoptosi, ormai impostosi universalmente, è,
a ben vedere, derivato da un uso non corretto della parola,
che etimologicamente starebbe ad indicare la caduta di foglie
e fiori appassiti dalle piante. In realtà nel mondo
vegetale i processi a tutt'oggi noti di morte cellulare programmata,
sebbene esitenti e anche più complessi di quanto sia
noto avvenire negli organismi animali, non seguono la sequenza
di eventi che caratterizzano l'apoptosi classicamente definita,
ed inoltre sono spesso reversibili anche in fasi avanzate
di senescenza del tessuto colpito. La morte cellulare programmata,
geneticamente controllata e con sequenze temporali definite,
è stata descritta tanto in organismi pluricellulari,
quanto in organismi monocellulari ed anche in cellule di Procarioti
sottoposte a diversi tipi di insulti.
Le principali differenze fra necrosi ed apoptosi si possono
così riassumere:
- La necrosi è un evento acuto, che si completa in
alcuni minuti; l'apoptosi invece richiede alcune ore.
- Una volta iniziata, l'apoptosi è irreversibile,
mentre la necrosi fino a un certo punto può regredire
e la cellula recuperare le sue funzioni.
- Il criterio morfologico è uno dei più importanti.
La cellula che va incontro a necrosi perde in modo peculiare
la selettività ionica del sistema delle membrane
cellulari: gli organelli si rigonfiano e perdono la loro
organizzazione strutturale, il citoplasma si rigonfia d'acqua
e a ciò segue la lisi cellulare, con rilascio nei
tessuti del contenuto cellulare. Al contrario la cellula
che inizia il processo di apoptosi presenta iniziale addensamento
e segregazione della cromatina nucleare, addensamento del
citoplasma e convoluzione della membrana cellulare. Più
tardivamente si formano vescicole sulla superficie cellulare
che si staccano, dando origine ai cosiddetti corpi apoptotici,
che sono destinati alla fagocitosi e contengono organelli,
porzioni del citoplasma e della cromatina frammentata ormai
in piccole sequenze di alcune decine di paia di basi (50-200
bp). Tuttavia gli organuli mantengono un aspetto sostanzialmente
normale anche in questa fase.
- Nella necrosi, la conseguenza della fuoriuscita del contenuto
cellulare nei tessuti causa una reazione infiammatoria.
Invece il processo ordinato di fagocitosi dei corpi apoptotici
permette la riallocazione delle sostanze energetiche, composti
azotati, carboniosi e fosfati, senza infiammazione locale
o generale.
- La regolazione dei due processi è completamente
distinta, anche se ancora in gran parte da definire.
La necrosi può essere indotta da numerosi agenti
aggressivi, chimico-fisici, batteriologici e virali, e il
danno cellulare in questo caso è più in relazione
con la natura dell'insulto che con le caratteristiche genetiche
della cellula, eccezion fatta per i geni che regolano l'espressione
di fattori (recettori, enzimi ecc.) determinanti la suscettibilità
o la resistenza all'aggressione. L'inizio del processo dipende,
come si è detto, soprattutto da un danno di membrana
piuttosto aspecifico.
Nel caso dell'apoptosi invece il danno cellulare segue vie
precise e mediate da fattori geneticamente determinati.
E' interessante notare che in tutti i casi descritti di
morte cellulare programmata, anche quando si tratta di batteri
e di organismi monocellulari, il controllo genetico riveste
un ruolo di prima importanza. Nelle cellule dei Mammiferi
il processo apoptotico è regolato da alterazioni
del DNA e dell'enzima DNA-elicasi, oltre che da geni modulatori
(Bchl-2), adattatori (Apaf-1) ed effettori (Interleukinb1-Converting
Factors, ICE, e ced3). Le proteine Bchl-2 sono normalmente
presenti sulla superficie delle cellule in due tipi: pro-
ed anti-apoptotici. Nelle cellule vitali è prevalente
il secondo tipo, che lega il complesso formato dalle proteine
Apaf-1/caspasi, che in questa forma è inattivo.
Le caspasi sono enzimi proteolitici con attivazione a cascata,
che degradano le proteine endonucleari e quelle stromali
ed enzimatiche della cellula. All'inizio del processo di
apoptosi vengono a prevalere le proteine Bchl-2 proapoptotiche,
incapaci di legare il complesso, che quindi è presente
in forma attiva. Anche il sistema TNF e NF-kB ha un ruolo
importante, nel modulare l'attività dei macrofagi.
L'evento iniziatore sembra essere il rilascio nel citoplasma
di citocromo c mitocondriale che consegue alla presenza
di porine attive sulla membrana delimitante questi organelli.
Non c'è alcuna dimostrazione sperimentale del coinvolgimento
del genoma dei mitocondri nel processo.
Gli eventi cellulari che hanno come conseguenza l'inizio
dell'apoptosi sono in qualche modo più specifici
di quelli che inizializzano la necrosi. Fra gli insulti
patogeni si ricordi p. es. la glicoproteina gp120 di HIV,
l'azione di degradazione degli acidi nucleici di radiazioni
ionizzanti, agenti citotossici come alcuni chemioterapici,
radicali perossidanti; tossine ed endotossine batteriche
o virali, ed anche batteri endocellulari, capaci di attivare
le caspasi direttamente o per il tramite dei fattori cellulari
già elencati.
Alcuni patogeni rivestono un ruolo antiapoptotico (alcuni
virus oncogeni, le cellule di alcuni tipi di tumori non
virali, batteri parassiti endocellulari obbligati fino al
completamento della fase di crescita esponenziale).
Non sempre tuttavia alla base del processo dell'apoptosi
c'è un fattore aggressivo riconoscibile: assai spesso
l'evento ha origine dall'insufficienza di stimoli che normalmente
supportano la vitalità della cellula: si ricordino
per esempio i fattori di crescita e taluni ormoni.
Il significato fisiologico dei due eventi - necrosi ed apoptosi
- è altrettanto distinto quanto i meccanismi attraverso
cui si realizzano, benchè entrambi abbiano come esito
la morte di una o di un gruppo di cellule.
A differenza della necrosi infatti l'apoptosi riveste un ruolo
evolutivo importante. Nello sviluppo dell'embrione e del feto
regola p. es. la chiusura del tubo neuronale e la perdita
dei neuroni in sovrannumero, la scomparsa delle membrane interdigitali,
e probabilmente il rimaneggiamento degli organi residuali.
Nella maturazione postmitotica del cervello essa regola la
perdita delle connesioni neuronali eccedenti, sebbene in questo
caso la regolazione genica sia differente da quanto avviene
nelle fasi più precoci dello sviluppo embrionale. Più
tardi è responsabile anche del rimaneggiamento timico
e della soppressione della risposta iperimmune. Si ricordi,
per una migliore comprensione di questi processi maturativi,
come l'apoptosi permetta il riutilizzo e la riallocazione
dei nutrienti.
Dunque non bisogna pensare a questo fenomeno come ad un processo
invariabilmente degenerativo, anche se un suo ruolo associato
ai processi di invecchiamento tissutale e dell'organismo in
toto può essere a ragione ipotizzato.
Infatti, lo studio dell'evoluzione del processo di invecchiamento
umano, un evento che può considerarsi relativamente
recente nella storia della specie, ha messo in luce una serie
di fenomeni legati all'apoptosi cellulare, che si sono realizzati
in una sequenza evolutiva definita: fra essi si ricordino
alterazioni di vario tipo del DNA o dell'enzima DNA-elicasi,
l'invecchiamento mitocondriale, l'atrofia-apoptosi delle cellule
somatiche e l'atrofia apoptotica dei tessuti riproduttivi
femminili. Alcuni di questi eventi possono essere rallentati
o posticipati nella vita individuale da fattori come l'esposizione
a stress (fame, carestie) o da stimoli ritenuti benefici (la
limitazione dell'introduzione calorica e la perdita di peso,
per esempio).
Nelle sindromi genetiche di invecchiamento precoce umano (progeria,
Cockayne e Werner), e in altre condizioni con accelerata senescenza
si osservano difetti del DNA, delle elicasi, delle telomerasi
o presenza di proteine specifiche leganti i telomeri, implicate
nell'apoptosi. Anche in altre condizioni patologiche frequenti
nell'anziano è stata accertata un'alterata regolazione
dei processi di morte apoptotica delle cellule: per esempio
nella depressione immunitaria e in taluni tumori (melanomi,
alcuni linfomi e leucemie, neoformazioni indotte da papillomavirus).
La morte degli osteoclasti, le cellule del rimaneggiamento
osseo che giocano un ruolo nell'osteoporosi, e quella dei
melanociti, responsabile dell'ingrigimento dei peli, avviene
per apoptosi. Nelle cellule dell'epitelio del cristallino
affetto da cataratta, ma non in quello sano, si osservano
molte figure apoptotiche, che mancano invece in quelle provenienti
da lenti senza opacità.
Il decadimento di stimoli trofici ed ormonali può essere
messo in relazione con molti di questi eventi, benchè
i rapporti di causa/effetto non siano sempre agevoli da chiarire.
Una migliore conoscenza di base del fenomeno nel suo complesso
comporterebbe indiscutibili vantaggi anche nella pratica clinica.
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