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L'invecchiamento visto come perdita di complessità biologica Torna agli editoriali

di
Enzo Grossi

DIREZIONE MEDICA BRACCO, MILANO
CENTRE OF COMPUTATIONAL AND MATHEMATICAL BIOLOGY, COLORADO DENVER UNIVERSITY

La medicina rappresenta la disciplina medica nella quale il concetto di complessità è all'ordine del giorno. Molte delle malattie croniche degenerative che sono prevalenti nell'età avanzata presentano caratteristiche particolari, tali da renderle definibili appunto "complesse". Ma cosa vuole dire complesso? E che implicazioni filosofiche questo concetto introduce?
Scopo di questa editoriale è di mettere a fuoco il tema della complessità in campo medico cercando di recuperare alcuni contributi recenti dei gruppi di ricerca che hanno fatto dello studio della complessità la loro principale ragione di attività. Il punto finale è che è proprio la perdita di complessità a rendere ragione del processo di invecchiamento.

Il concetto di complessità, che deriva dalla teoria delle dinamiche non lineari, viene diversamente interpretato e spesso in maniera erronea, in relazione alla presenza di una serie di patologie che accompagnano l'invecchiamento. Si parla così di malattie complesse in geriatria e di complessità della gestione multidisciplinare del paziente anziano. In realtà se è vero che la teoria della complessità è di fondamentale importante per affrontare il tema dell'invecchiamento non bisogna confondere i fenomeni fisiologici, per definizione complessi e la loro alterazione che invece si esprime con una perdita di questa complessità.

Quando parliamo di malattie complesse dovremmo quindi intendere che è la complessità ad ammalarsi e non tanto la malattia ad essere complessa.

Esistono molti dati sperimentali e clinici che suggeriscono come l'invecchiamento fisiologico sia associato ad una perdita generalizzata della complessità nelle dinamiche che regolano le funzioni di sistema di un organo sano da far ipotizzare che una tale perdita di complessità conduca ad una ridotta capacità di adattamento allo stress fisiologico.

Questa ipotesi è supportata da osservazioni che mostrano una perdita legata all'età della variabilità complessa in molteplici processi fisiologici, tra cui il controllo cardiovascolare, i ritmi di increzione ormonali pulsatili ed i pattern dei tracciati elettroencefalografici.

Ci si prospetta quindi che le misure di complessità, basate sulla teoria del caos e sulla geometria frattale potranno fornire nuovi modi per monitorare la senescenza e testare l'efficacia di interventi specifici per modificare il declino correlato all'età nella capacità di adattamento.

La normale funzione fisiologica è caratterizzata da una complessa interazione di meccanismi di controllo multipli che rendono un individuo in grado di adattarsi alle esigenze e ai cambiamenti imprevedibili della vita quotidiana.

Il processo di invecchiamento appare segnato da una progressiva compromissione di questi meccanismi, che determina una perdita della gamma dinamica delle interazioni alla base della omeostasi fisiologica e, conseguentemente, una ridotta capacità di adattarsi allo stress.

Una questione chiave è come quantificare questa complessità. Tradizionalmente l'approccio seguito è quello di concentrarsi su riduzioni del valore medio delle variabili fisiologiche discrete legate all'età come la clearance della creatinina, il volume espiratorio forzato, velocità di conduzione nervosa, e la sensibilità all'insulina.

Tuttavia, le ampie variazioni interindividuali di tali misure con l'aumentare dell'età, così come la loro dipendenza da fattori quali il background genetico, la dieta e l'attività, limitano fortemente la loro utilità come marcatori universali di invecchiamento.

Inoltre, la valutazione delle sole variazioni medie in una determinata variabile nel tempo (o in risposta ad uno stimolo) ignora la natura dinamica dei processi fisiologici. (Fig.1)


LE DINAMICHE NONLINEARI IN FISIOLOGIA
E' ormai chiaro che i fenomeni fisiologici sono espressione di complesse dinamiche non lineari,ovvero di situazioni in cui l' output non è proporzionale all' input.

La teoria del caos e la geometria frattale rappresentano pilastri insostituibili nella interpretazione di questa complessità. Della teoria del caos ho già parlato in un precedente editoriale (http://www.geragogia.net/editoriali/caos.html).
Il termine caos descrive un comportamento apparentemente imprevedibile che può nascere da concatenazioni prodotte da feedback interni di determinati sistemi non lineari. Un processo caotico genera delle fluttuazioni complesse aperiodiche che non hanno una scala caratteristica o singola di tempo e che variano in maniera irregolare e imprevedibile.

Il termine frattale è un concetto geometrico strutturale che si applica ad un'ampia classe di forme complesse e pattern temporali la cui principale caratteristica è quella dell'autosimilarità.
A più di tre secoli di distanza da Galileo Galilei, Benoit Mandelbrot, lo scienziato che descrisse per primo la geometria frattale scrive:"La geometria euclidea è incapace di descrivere la natura nella sua complessità, in quanto si limita a descrivere tutto ciò che è regolare. Eppure osservando la natura vediamo che le montagne non sono dei coni, le nuvole non sono delle sfere, le coste non sono dei cerchi, ma sono oggetti geometricamente molto complessi." (da Les objects fractals 1975")

Nascono i frattali, modelli atti ad imprigionare in formule matematiche quelle forme della natura come fiori, alberi, fulmini, fiocchi di neve, cristalli, che fin'ora non erano state considerate riproducibili con regole matematiche. La geometria frattale (dal latino frangere cioè spezzare) è lo studio di forme ripetitive di base che ci consentono di trovare le regole per generare alcune strutture presenti in natura.

In questo modo Mandelbrot introducendo la geometria frattale, inventa un nuovo linguaggio di descrizione delle forme complesse della natura. Tuttavia, mentre gli elementi della geometria (linee, cerchi,triangoli,…) si possono visualizzare facilmente, quelli del nuovo linguaggio non si prestano all'osservazione diretta; essi sono algoritmi, processi che possono essere trasformati in forme e strutture solo con l'aiuto di un computer.

Per usare le parole di Maldenbrot "un frattale è una Figura geometrica o oggetto naturale con una parte della sua forma o struttura che si ripete a scala differente, con forma estremamente irregolare interrotta e frammentata a qualsiasi scala e con elementi distinti di molte dimensioni differenti". (Benoit Mandelbrot -Les objects fractales,1975)

I frattali sono quindi figure geometriche caratterizzate dal ripetersi sino all'infinito di uno stesso motivo su scala sempre più ridotta.
La maggior parte delle strutture anatomiche del nostro organismo è assoggettato alla geometria frattale. Basta a pensare alla struttura ramificata auto somigliante del sistema di conduzione nervosa cardiaco, alla struttura del sistema circolatorio, alle ramificazioni bronchiali e alle pliche gastrointestinali. ( vedi figura 1).
Il pattern della oscillazione temporale della frequenza cardiaca o delle onde EEG è tipicamente frattale, ovvero tende a riprodurre la stessa forma indipendentemente dalla scala a cui lo si osserva.

Figura1: Esempi di geometria frattale in organi e apparati del corpo umano.

COME PUÒ ESSERE MISURATA LA COMPLESSITÀ DEI PROCESSI E DELLE STRUTTURE NON LINEARI?
Alla luce dell' osservazione che molte strutture anatomiche hanno una complessa morfologia frattale e che i processi fisiologici mostrano una variabilità caotica, è importante disporre di misure matematiche che colgano adeguatamente la natura di queste funzioni non lineari.

Misurazioni convenzionali quali la lunghezza, l'area e il volume (con dimensioni intere rispettivamente di uno, due e tre) non sono sufficienti a caratterizzare le strutture frattali,
dal momento che questi oggetti non hanno dimensioni discrete ma su scale multiple di lunghezza.

La struttura frattale può essere quantificata calcolando una cosiddetta dimensione frattale.

attraverso particolari metodi di calcolo non particolarmente complessi con l'uso di appropriate equazioni.

Proprio come le strutture frattali non possono essere caratterizzate da misure geometriche di tipo convenzionale, così, il comportamento complesso, simil caotico, non può essere adeguatamente misurato con le statistiche basate semplicemente sulla media e sulla varianza. Sono state ideate un certo numero di tecniche che consentono ai fisiologi e ai clinici di misurare la complessità dei segnali biologici, indipendentemente dalla loro media e varianza. Questo è importante perché è possibile per due processi avere degli output con medie e varianze quasi identiche ma dinamiche molto diverse
Un approccio tradizionale è quello di misurare le componenti di frequenza di un segnale utilizzando le analisi standard di Fourier, che decompone il segnale nelle sue frequenze costitutive. Se l'output è perfettamente periodico (ad esempio, un'onda sinusoidale), avrà un solo componente di frequenza. Per i processi caotici, lo spettro della frequenza è molto vasto, comprendendo un'ampia gamma di frequenze che oscillano dalle basse frequenze alle alte. In generale, i segnali più complessi hanno un modello di frequenza più ampio.

Per converso, la perdita di complessità è solitamente accompagnata da una riduzione dello spettro di frequenze. In genere, per i processi fisiologici, la perdita di complessità è anche caratterizzata da una relativa riduzione delle componenti ad alta frequenza e dal corrispondente aumento del relativo contributo delle componenti a bassa frequenza.

Un esempio è dato dalla perdita uditiva selettiva della risposta ad alta frequenza che si verifica con l'invecchiamento (presbiacusia).
Tuttavia, l'analisi spettrale, una tecnica basata sulla matematica lineare, ha un valore limitato nella valutazione della complessità dei sistemi non lineari. Recentemente sono state ideate misure più dirette della complessità basate sui concetti della teoria del caos.
Uno dei metodi di misurazione della complessità di un processo utilizza il concetto della dimensione di un sistema non lineare. Per i sistemi complessi, la dimensione è legata al numero di variabili dinamiche necessarie per riprodurre l'output di questo sistema.
Maggiore è la dimensione, maggiore è il numero di variabili e più complesso è il segnale. Un processo strettamente periodico ha una dimensione di uno (cioè, è richiesta una sola variabile).
Un altro modo per misurare la complessità è quello di calcolare la così detta entropia del sistema. L'entropia non lineare (un concetto solo indirettamente collegato all'entropia termodinamica classica) è una misura dell'ammontare delle informazioni necessarie per prevedere lo stato futuro del sistema.

Quanto più complesse sono le dinamiche, maggiore è l'entropia e meno prevedibile il sistema (bisogna stare attenti al fatto che l'approccio concettuale all'invecchiamento qui descritto differisce fondamentalmente dalla visione intuitiva per la quale il processo di invecchiamento aumenta il grado di disordine dell'entropia termodinamica).

Recentemente, sono state messe a punto delle tecniche che consentono di effettuare approssimazioni dell'entropia e delle dimensioni non lineari da effettuarsi su campioni di dati relativamente a breve termine, che includono, ad esempio, solo 1000 punti. Queste misurazioni permettono sia il confronto di insiemi di dati di diversi individui, che l' esame degli effetti dei vari interventi sulla complessità di un sistema dinamico.

INVECCHIAMENTO E PERDITA DELLA COMPLESSITÀ
Che l'invecchiamento possa essere definito come una progressiva perdita di complessità nella dinamica di tutti i sistemi fisiologici è un concetto relativamente recente. Questa perdita di complessità della funzione fisiologica può essere dovuta, da un punto di vista meccanicistico, alla perdita o all'indebolimento di componenti funzionali, e/o all'accoppiamento alterato non lineare tra queste componenti. Ad esempio, il declino legato all'età nella variabilità della frequenza cardiaca, è probabilmente dovuto alla perdita di controllo delle cellule del nodo del seno e da una riduzione evidente nel tono parasimpatico. Insieme, questi cambiamenti strutturali e funzionali riducono la complessità del controllo della frequenza cardiaca fisiologica, riducendo la capacità dei soggetti anziani di adattarsi alle sollecitazioni come l'ipotensione.

Questa ipotesi che pone in relazione l'invecchiamento con la perdita di complessità, suggerisce nuovi modi di monitorare il processo di invecchiamento fisiologico basato sulle misurazioni come quelle dell'entropia non lineare appena descritte, e di testare l'efficacia di interventi specifici (ad esempio, mediante esercizi o agenti farmacologici) che possono modificare il declino associato all'età in capacità adattiva.

LA FUNZIONE NEUROENDOCRINA
La normale funzione cerebrale produce delle fluttuazioni elettroencefalografiche (EEG) apparentemente caotiche con cambiamenti correlati allo stato di coscienza. Le frequenze dell'EEG dei soggetti anziani mostrano una perdita di onde veloci a bassa tensione e un aumento di onde lente diffuse con periodicità lenta.
Inoltre, la latenza, l'ampiezza, e la gamma di frequenze EEG ottenute in risposta al suono della luce, all'iperventilazione, e ad altri stimoli sensoriali, declinano con l'età sia negli animali e nell'uomo. Questa perdita di gamma dinamica è stata attribuita ad una diminuzione del numero dei neuroni, ad alterazioni del metabolismo dell'energia cerebrale, ad una ridotta perfusione cerebrale, ad un trasmettitore alterato del metabolismo, e ad un'interruzione delle connessioni interne. Con l'invecchiamento, i pattern di ramificazione delle cellule di Betz nella corteccia frontale, delle cellule spinose nel caudato, e delle cellule delle corna anteriori del midollo spinale diventano meno complesse.

Una perdita di complessità nella regolazione della secrezione dell'ormone è un altro aspetto evidente nell'invecchiamento umano.
Il rilascio pulsatile dell'ormone della crescita, l'ormone luteinizzante e la tireotropina, diventa meno caotico con l'invecchiamento e più regolare e periodico, come evidenziato dalla riduzione della variabilità dell'intervallo medio tra gli impulsi di secrezione ormonale.
Questo risultato riflette un restringimento del sistema di controllo che regola la secrezione della tireotropina, probabilmente determinato in parte da alterazioni nella modulazione dopaminergica della secrezione pulsatile dell'ormone tiroideo.

LA FUNZIONE CARDIOVASCOLARE
Studi di variabilità della frequenza cardiaca con metodi tradizionali, come ad esempio il rapporto tra gli intervalli di espirazione ed inspirazione RR, così come l'analisi spettrale, dimostrano una riduzione della variabilità della frequenza cardiaca con l'invecchiamento. Si noti che un calo della variabilità della frequenza cardiaca è un marcatore dell'accresciuta suscettibilità alla morte improvvisa e alla mortalità dovuta ad infarto miocardico. Usando le misure di entropia non lineare e le dimensioni sopra descritte, si è anche evidenziato una riduzione nella complessità della frequenza cardiaca e nella variabilità della pressione arteriosa in soggetti anziani sani rispetto ai soggetti giovani sani.

DIREZIONI FUTURE
Se queste nuove misure dinamiche della complessità fisiologica sono utili nella quantificazione degli effetti dell'invecchiamento normale, vari interventi possono essere valutati per la loro efficacia nel prevenire la malattia o modificare la sua progressione. Ad esempio, le misurazioni della complessità delle risposte EEG ai compiti cognitivi in un processo di invecchiamento sano e nella demenza può essere utile a distinguere tra queste condizioni e nel testare l'effetto di farmaci specifici sulle funzioni cognitive o comportamentali.
Se la complessità della frequenza cardiaca e della dinamica della pressione arteriosa servono come biomarcatori di invecchiamento cardiovascolare, gli effetti dell'attività fisica o dell'alimentazione sulla senescenza cardiovascolare possono essere più facilmente quantificate. La misura del grado in cui la capacità di adattamento di un individuo è ridotta per via dell'invecchiamento o della malattia può anche rivelarsi utile per prevedere gli effetti avversi dei farmaci, degli interventi chirurgici, o di altri fattori di stress. La perdita della complessità fisiologica nella variabilità dell'intervallo del battito cardiaco nel ritmo sinusale può avere valore nell'identificare la sincope di pazienti a rischio di morte improvvisa determinare la gravità delle aritmie cardiache intermittenti, predire la mortalità a seguito di un infarto miocardico, e valutare la gravità dell'insufficienza cardiaca congestizia.

UNA NUOVA FRONTIERA: LA MISURAZIONE DELLA COMPLESSITÀ DI INSIEMI DI VARIABILI

La misurazione della complessità inerente a segnali fisiologici unidimensionali registrati in continuo è relativamente semplice e applicabile al singolo caso.

Ma avendo a diposizione una serie di parametri statici quali dati clinici di varia natura, esami di laboratorio, test neuropsicologici, etc. è possibile determinare quanto sia complesso un sistema multidimensionale rispetto ad una certa condizione patologica?
Questa è un area della matematica applicata in cui si è ancora alla ricerca di una possibile soluzione definitiva.

Nuove frontiere si stanno comunque aprendo con l'impiego di particolari modelli di reti neurali. Per capire come sia possibile questo approccio è opportuno seguire un ragionamento che presenta un certo grado di difficoltà.

Dobbiamo immaginare per un attimo che un insieme di variabili raccolte per studiare un problema medico specifico costituisce una struttura geometrica dello spazio in cui oltre alle posizioni che le singole variabili assumono conta molto la rete delle associazioni tra le variabili. Potremmo anzi spingerci a dire che l'emergenza delle relazioni tra le variabili più che le variabili di per sé stesse può costituire la vera struttura concettuale della condizione medica per la quale questo insieme di variabili è stato raccolto. Il trucco è lasciare libero il sistema di decidere quanti gradi di libertà sono a disposizione per collegare le variabili sino a raggiungere il massimo grado di complessità possibile rispetto alla matrice a maglia completa delle loro "distanze". Più le variabili sono tra di loro complementari più vi è ricchezza di espressione di collegamenti incrociati.

La matematica delle reti complesse ci aiuta a stabilire la gerarchia delle variabili all'interno di un insieme specifico, cercando la presenza di "hub", cioè le variabili con il più alto numero di connessioni.
La teoria dei grafi è fondamentale per delineare la struttura portante fondamentale del sistema attraverso un particolare filtro matematico chiamato "albero di copertura minima" o "minimum spanning tree" (MST) che si ottiene trovando il modo più economico di collegare tutte le variabili tra di loro. Questa sorta di minimo energetico del sistema è come se riflettesse una mappa semantica che svela legami forti ma anche sfumati e deboli che sfuggirebbero ad analisi statistiche tradizionali. Di questo approccio, basato su una particolare rete neurale sviluppata dal centro Ricerche Semeion chiamata Auto-CM, avevamo già fatto cenno in un recente editoriale pubblicato su Geragiogia.net dedicato al rapporto tra cultura e benessere psicologico (http://www.geragogia.net/editoriali/cultura-benessere.html).

La filosofia alla base di Auto-CM è quello di raccogliere le affinità tra le variabili legate alla loro interazione dinamica piuttosto che alla loro semplice posizione contingente spaziale. Questo approccio sembra essere più adatto per descrivere i sistemi viventi contesto in cui vi è un cambiamento continuo nelle relazioni tra le variabili nel tempo. Abbiamo dimostrato in precedenti lavori che AutoCM in grado di discriminare l'importanza differenziale di ogni variabile, preservando l'associazione non-lineare, mostrando schemi di collegamento e di catturare le complesse dinamiche di interazione adattiva.

Dopo la fase di addestramento, la rete neurale Auto-CM definisce il grado di associazione reciproca delle variabili in studio. L'applicazione del minimum spanning tree permette di vedere le variabili che agiscono come importanti punti di aggregazione e hub biologici.

Raggiunto questo primo obiettivo grazie al minimum spanning tree è possibile fare un salto ulteriore e scoprire cioè se alcune di queste variabili sono parte di una struttura regolare nascosta all'interno del grafo. Per ottenere questa rappresentazione che in termine tecnico prende il nome di "grafo massimamente regolare" o "maximally regular graph"(MRG) bisogna aggiungere tutti i collegamenti importanti tra le variabili che sono stati messi da parte durante lo sviluppo del minimum spanning tree. ( Un grafo a forma di albero essendo per definizione privo di cicli sacrifica collegamenti accessori che violano questa regola)

Abbiamo dimostrato in altri campi scientifici estranei alla medicina che lo MRG è espressione diretta della complessità del sistema in studio.

Preghiamo il lettore di prendere per buona questa affermazione in quanto la sua dimostrazione richiederebbe troppo spazio in questa sede.

L'idea è quindi stata quella di utilizzare questo approccio matematico altamente sofisticato in contesti epidemiologici in cui erano a disposizione basi dati di soggetti sani e soggetti malati e in particolare di soggetti anziani in buone condizioni di salute e soggetti anziani affetti da malattie croniche degenerative. Non siamo stati sorpresi nell'appurare che vi era un enorme differenza nella ricchezza di relazioni complesse a favore del gruppo meno compromesso.

Come esempio paradigmatico riporto un esperimento effettuato su sottogruppi di soggetti anziani appartenenti ad una popolazione della regione del Chianti studiati nell'ambito di un famoso studio epidemiologico chiamato appunto Inchianti.
InCHIANTI è uno studio longitudinale di persone che vivono in comunità di 65 anni o più anziani che sono stati scelti a caso da un registro di popolazione in due città della Toscana.
Abbiamo applicato gli algoritmi a cui abbiamo fatto cenno ad un gruppo di 650 soggetti descritto da 48 variabili cliniche e biologiche. L'intento era quello di scoprire le possibili associazioni nascoste e il loro rapporto con il declino della funzione fisica.

L'outcome principale era la performance fisica, definita attraverso il punteggio della Short Physical Performance Battery (SPPB).
Dopo aver suddiviso la popolazione in studio sulla base del loro stato di "fragilità" in due sotto gruppi, il primo rappresentato da soggetti che presentano uno stato esplicito di "fragilità" e il secondo privo di questo stato, abbiamo applicato il maximally regular graph.

Come è visibile nelle figure sottostanti, al di là della diversa relazione tra le variabili, è molto evidente la differenza nella ricchezza di collegamenti aggiunti dal MRG al MST (connessioni in rosso): il grafo degli anziani fragili si presenta piuttosto scarno e impoverito mentre quello degli anziani non fragili è ricco di associazioni aggiuntive, in altri termini più complesso. Questa regola è stata confermata in una decina di altre elaborazioni condotte su basi date di diversa natura in vari contesti medici. Si apre quindi un nuovo scenario di introspezione dei dati medici in cui il clinico potrà misurare oggettivamente la perdita di complessità in funzione dell'evoluzione di una determinata condizione patologica o il guadagno di complessità in funzione di un determinato intervento terapeutico risolutore.

CONCLUSIONI
L'invecchiamento è caratterizzato da una perdita generalizzata della complessità nelle dinamiche che regolano le funzioni fisiologiche. La patologia accentua questo fenomeno anticipando questa perdita di complessità rispetto all'età anagrafica.
Le misurazioni della complessità derivate dal campo delle dinamiche non lineari può aiutare a valutare i cambiamenti fisiologici e anatomici associati all'età e a predire la patologia.
Nuovi approcci matematici stanno aprendo una strada per lo studio della complessità in contesti multidimensionali legati all'invecchiamento e alla patologia.
Questo nuovi concetti dovrebbero stimolare un'ulteriore interesse nella analisi di basi dati in campo geriatrico con nuovi approcci computazionali e matematici.

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