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Fisiopatologia del dolore in età geriatrica Torna agli editoriali

di
Pierluigi Dal Santo

Definizione di dolore - Anatomia e fisiologia del sistema algico (pain system).
In termini fisiopatologici moderni il dolore corrisponde ad una "sensazione spiacevole e ad una esperienza emozionale ed affettiva associata a danno dei tessuti o descritto nei termini di tale danno" (1). Non si tratta quindi solo della semplice attivazione di un sistema nervoso complesso, ma corrisponde sempre ad uno stato psicologico sul quale giocano le loro influenze lo stato emozionale e precedenti esperienze spiacevoli. Più precisamente, dal concetto di dolore (o meglio di nocicezione) andrebbe distinto quello di sofferenza che comprende soprattutto la risposta emotiva ed affettiva ad una stimolazione dolorosa o anche ad altri eventi quali paura, minaccia e presentimenti.

Da un punto di vista anatomo-fisiologico il sistema algico può essere definito come un sistema neuro-ormonale complesso, a proiezione diffusa, in cui si possono riconoscere tre sottosistemi (2-5):

1. un sistema afferenziale che conduce gli impulsi nocicettivi dalla periferia ai centri superiori;
2. un sistema di riconoscimento che "decodifica" e interpreta l'informazione valutandone la pericolosità e predisponendo la strategia della risposta motoria, neurovegetativa, endocrina e psicoemotiva;
3. un sistema di "modulazione" e controllo che provvede ad inviare impulsi inibitori al midollo spinale allo scopo di ridurre la potenza degli impulsi nocicettivi afferenti.

I sottosistemi 1 e 2 costituiscono il sistema "nocicettivo", il 3 il sistema antinocicettivo. Questa suddivisione funzionale trova una diretta corrispondenza nella terapia antalgica che può appunto realizzarsi in due modi fondamentali: interrompendo le vie del sistema nocicettivo ovvero rinforzando il sistema antinocicettivo

Le strutture nervose che costituiscono il sistema nocicettivo "afferente" comprendono:

· I recettori: terminazioni nervose libere in grado di rispondere a vari tipi di stimolazione: termica, pressoria, variazione di pH, riduzione della tensione di O2, contatto con sostanze algogene liberate da tessuti lesi (potassio, istamina, serotonina, prostaglandine), provenienti dal circolo sanguigno, (bradichinine) o dalle stesse terminazioni nervose, come la sostanza P che, possedendo varie attività biologiche (vasodilatazione, chemiotassi per i leucociti, degranulazione dei mastociti), trasforma i recettori in veri e propri "neuroeffettori".

· Il neurone primario afferente sensoriale: ha la cellula di origine posta nel ganglio spinale e due assoni di cui uno si dirige in senso centrifugo terminando con un recettore nelle strutture tessutali periferiche (cute, strutture somatiche e viscerali) e uno si dirige in senso centripeto raggiungendo il corno posteriore del midollo spinale. Le fibre afferenti primarie in grado di condurre lo stimolo dolorifico sono di due tipi: fibre mieliniche di piccolo diametro (A-d) che conducono ad una velocità di 10-30 m/sec. sensazioni dolorose di tipo puntorio, ben localizzate e con la stessa durata dello stimolo applicato (dolore "epicritico"), e fibre amieliniche di piccolo diametro ( C ), con velocità di conduzione di 1-10 m/sec. responsabili della trasmissione di dolore poco localizzato, di tipo "urente", e che ha una durata maggiore dell'applicazione dello stimolo stesso (dolore "protopatico"). Il dolore viscerale profondo e riferito ha caratteristiche simili a quelle del dolore "protopatico" piuttosto che di quello "epicritico".

· Le corna dorsali: i neuroni delle corna posteriori che contraggono sinapsi con gli assoni provenienti dai neuroni dei gangli spinali, si organizzano in una serie di "lamine" sulla base della morfologia e della disposizione delle cellule stesse: in tal modo l'informazione nocicettiva viene sottoposta ad una prima elaborazione grazie alla modulazione (equilibrio fra azione eccitatoria ed inibitoria) fornita dai vari neurotrasmettitori (sostanza P, colecistochinina, somatostatina). E' importante ricordare che sui neuroni spinali convergono input provenienti sia dalla cute che dai visceri profondi, per cui, grazie tale convergenza, si realizza il cosiddetto "dolore riferito": in tal modo l'attività indotta nei neuroni spinali da stimoli provenienti da strutture profonde viene erroneamente riferita in un'area che è grossomodo sovrapponibile alla regione cutanea innervata dal medesimo segmento spinale.

· Il sistema spino-talamico e talamo-corticale: il sistema spino-talamico può essere concettualmente diviso in una parte diretta, che trasmette l'informazione sensitiva discriminativa del dolore a livelli talamici, e una parte spino-reticolo-talamica, filogeneticamente più antica, che termina più diffusamente nei nuclei reticolari del tronco encefalico. Il sistema spino-talamico diretto è importante per la percezione cosciente delle sensazioni nocicettive e termina ordinatamente entro il nucleo ventro-postero-laterale del talamo (VPL) ove afferiscono anche le vie nervose provenienti dalle colonne dorsali che trasmettono la sensibilità tattile superficiale e la sensazione articolare: ciò consente di discriminare aspetti sensitivi del dolore in merito alla sua localizzazione, natura ed intensità. A loro volta le cellule del VPL proiettano alla corteccia somato-sensoriale primaria (1^ e 2^ area somato-sensitiva della corteccia parietale). Il sistema spino-reticolo-talamico lungo il suo decorso ascendente invia collaterali ai nuclei della sostanza reticolare bulbo-mesencefalica formando parte di un sistema polisinaptico che termina nei nuclei talamici mediali: questo sistema polisinaptico può mediare alcuni aspetti delle reazioni autonomiche e affettive del dolore (p. es. reazione di allerta e di orientamento agli stimoli dolorosi), mentre non sembra importante per la discriminazione e la localizzazione sensoriale. Ricordiamo infine che dal sistema limbico afferiscono al talamo neuroni provenienti dall'amigdala e dall'ippocampo: queste connessioni e le loro implicazioni funzionali sono importanti per il tono cognitivo e psicoemotivo che viene impresso all'evento dolore.


Il sistema di modulazione "antinocicettivo" comprende impulsi discendenti provenienti dalla corteccia frontale e dall'ipotalamo che vanno ad attivare neuroni mesencefalici e del bulbo. Numerose prove testimoniano che questo sistema di modulazione contribuisce all'effetto analgesico dei farmaci oppioidi, in quanto sono presenti recettori per gli oppioidi stessi; inoltre, i nuclei che compongono il sistema di modulazione del dolore contengono peptidi endogeni, come le endorfine. Le condizioni in grado di attivare questo sistema di modulazione in modo più costante sono il dolore e/o la paura che persistono per un periodo prolungato ed infatti è stato dimostrato che sostanze endogene analgesiche vengono rilasciate a seguito di interventi chirurgici.
La modulazione del dolore è a doppio senso e quindi si può avere sia produzione di analgesia, sia intensificazione della sensazione dolorosa; infatti è esperienza comune come stati psicologici particolari (stress e depressione) siano in grado di automantenere le sensazioni dolorose croniche.
Lo stress è un fattore di importante variazione della percezione del dolore secondo un processo "bifasico" che registra un innalzamento della soglia (Analgesia da Stress - Stress Induced Analgesia, SIA), seguito, con perdurare nel tempo della stimolazione, da un abbassamento a livello patologico, ovvero di gran lunga minore del livello primitivo o di controllo. In questa seconda fase possono essere coinvolti diversi peptidi come l'1-24 ACTH e la colecistochinina (CCK) che assume il ruolo di "naloxone endogeno" (6, 7).
Per quanto riguarda la depressione, è tuttora controverso il significato della sua concomitanza con il dolore, per cui se in alcuni pazienti i disturbi depressivi sembrano essere solo secondari all'insorgenza del dolore, in altri il dolore rappresenta una dei sintomi di depressione endogena. Molti aspetti neurochimici sembrano comunque accomunare dolore e depressione: il sistema monoaminergico, nella sua componente serotoninergica, gioca un ruolo rilevante nella modulazione endogena del dolore in quanto una sua diminuzione (a vantaggio della componente noradrenergica), è in grado di aumentare la sensibilità e la reattività allo stimolo nocicettivo, di diminuire la risposta analgesica agli oppiacei esogeni e di evocare sintomi di tipo depressivo (4, 5, 8-11). Gli antidepressivi triciclici, cui va riconosciuta una particolare efficacia teapeutica nei due quadri, agirebbero diminuendo l'attività noradrenergica ed aumentando quella serotoninergica. Nel paziente anziano tutta questa problematica appare ancor più importante, se si considera che fattori psico-sociali, con il conseguente stato di stress cronico, possono interagire con il processo di invecchiamento cerebrale che sembra alterare la trasmissione serotoninergica.


Classificazione del dolore

Una prima suddivisione del dolore (12, 13), tiene conto del tempo di insorgenza, per cui si riconosce un dolore acuto, che di solito ha una causa facilmente identificabile e che si associa ad uno stato emotivo di tipo ansioso con attivazione del sistema simpatico, e un dolore cronico, che ha durata maggiore di sei mesi. Diversamente da quello acuto, il dolore cronico perde la sua funzione biologica di adattamento e, specialmente in età geriatrica, si accompagna facilmente a depressione.

Il dolore cronico può essere suddiviso in nocicettivo (proporzionato alla continua attivazione delle fibre nervose della sensibilità dolorifica), neurogeno, (causato da un processo patologico organico interessante le vie nervose afferenti) e psicogeno.
Il dolore di tipo nocicettivo può essere sia somatico che viscerale e nel paziente anziano la maggior parte dei dolori cronici è di tipo nocicettivo somatico (p. es. artrite, cancro, dolore muscolo-fasciale): in questo caso per alleviare il dolore bisogno rimuovere la causa periferica (p. es. riduzione della flogosi), mentre solo in un secondo momento si potrà ricorrere all'interruzione delle vie nervose afferenti.
Il dolore da neuropatia deriva da un danno diretto alle vie nervose centrali e/o periferiche causato da patologie molto frequenti in età geriatrica come per esempio il diabete e l'herpes zoster. Esso ha un carattere urente, tipo "scossa elettrica" o "formicolio" e può essere scatenato anche soltanto da una lieve stimolazione tattile. I meccanismi del dolore da neuropatia sono di vario tipo: le fibre afferenti primarie interessate da una lesione, inclusi i nocicettori, divengono estremamente sensibili alla stimolazione meccanica e iniziano a generare impulsi anche in assenza di stimolazione, attivandosi spontaneamente. La successiva elaborazione delle informazioni a livello del SNC può persistere anche in assenza di un'attivazione continua delle fibre nervose sensitive e ciò sta alla base della cosiddetta sindrome da deafferentazione, tipica del dolore da arto fantasma. Le fibre nervose sensitive lese possono anche sviluppare una ipersensibilità alla noradrenalina rilasciata da neuroni simpatici post-gangliari e ciò determina un dolore urente o di tipo "bruciore" o "pugnalata" poco sensibile ai farmaci analgesici, ma che risponde elettivamente al blocco del sistema simpatico; questo dolore si manifesta con una latenza di ore, giorni o anche settimane rispetto all'applicazione del danno nervoso (causato da fratture ossee, traumi dei tessuti molli, infarto miocardico), e si accompagna a tumefazione delle estremità, osteoporosi nelle aree periarticolari e modificazioni artrosiche delle articolazioni distali (distrofia simpatica riflessa).
Il dolore psicogeno si presenta con intensità ed invalidità sproporzionate rispetto alla causa somatica identificabile ed è correlato ad una tendenza più profonda al comportamento anomalo da malattia (sindrome dolorosa cronica di origine non neoplastica). Alcuni di questi pazienti non presentano alcuna malattia organica ed i loro disturbi possono pertanto essere classificati fra le cosiddette forme di somatizzazione.

Le definizioni sopra riportate sono riassunte nella seguente tabella.


TABELLA - Classificazione del dolore.

Acuto: causa facilmente identificabile, stato ansioso associato, attivazione del sistema simpatico.

Cronico: durata maggiore di sei mesi, perdita della funzione biologica di adattamento, associato facilmente a depressione.

Nocicettivo: proporzionato alla continua attivazione delle fibre nervose della sensibilità
dolorifica, può essere somatico o viscerale.

Neurogeno: dovuto a processo patologico organico interessante le vie nervose afferenti.

Psicogeno: intensità e invalidità sproporzionate alla causa somatica supposta responsabile.


Le alterazioni della sensibilità dolorifica in età geriatrica: esiste una "presbialgia"?


Per capire se con l'invecchiamento si determinano delle alterazioni della percezione e dell'elaborazione del dolore, al pari di altre perdite di funzione, dobbiamo valutare i seguenti "punti focali":
1. effetti dell'invecchiamento sul dolore "acuto": analisi dei risultati sperimentali, aspetti fisiopatologici della percezione "atipica" di eventi dolorosi acuti di particolare rilevanza clinica;
2. effetti dell'invecchiamento sul dolore "cronico";
3. influenza del deficit cognitivo sulla percezione del dolore.

1. Invecchiamento e dolore acuto

Il dolore acuto può essere sperimentalmente riprodotto e ciò comporta teoricamente un'oggettiva analisi dei rapporti tra la percezione del dolore e l'invecchiamento. Gli studi sperimentali che si sono succeduti fin dagli anni '40 si sono avvalsi per la maggior parte di stimolazioni termiche ed elettriche; in qualche caso si sono analizzate le sensazioni dolorose da pinzamento del tendine achilleo o da stimolazione elettrica dentaria.
I parametri presi in considerazione sono stati:
· la soglia del dolore, cioè la minima quantità di stimolazione per cui il soggetto dichiara verbalmente di provare dolore;
· la soglia comportamentale al dolore, definita come la minima stimolazione sufficiente a provocare la contrazione del muscolo orbicolare dell'occhio;
· la soglia della tolleranza al dolore, cioè la minima quantità di stimolazione che provoca nel soggetto un dolore di intensità tale da non poter essere più ulteriormente sopportato.

I risultati degli studi sperimentali che hanno valutato le variazioni età dipendenti della soglia del dolore sono contrastanti, in quanto sono stati riscontrati sia aumento (14-17) che assenza di modificazioni (18-19) dei parametri considerati. Analoghi, contrastanti risultati si sono ottenuti analizzando la soglia comportamentale del dolore (15-18), mentre per quanto riguarda la soglia di tolleranza al dolore sembra esservi una diminuzione con l'avanzare dell'età accompagnata da un minimo aumento del tempo in cui si manifesta lo stesso fenomeno, rilevabile però solo nei soggetti di sesso femminile (20-21).
Questi dati sperimentali così contradditori possono essere stati determinati da varie condizioni. In primo luogo, la quasi totalità degli studi sperimentali analizzava il dolore superficiale evocato da brevi stimolazioni cutanee: non è chiaro come cambiamenti, correlati all'età, di questo tipo di dolore dovuto alla stimolazione di fibre afferenti di tipo A-d, correli con il dolore clinicamente più rilevante (viscerale e profondo), mediato da fibre amieliniche di tipo C. In secondo luogo, mancano in letteratura studi longitudinali sull'effetto dell'età sulla percezione del dolore, per cui i dati disponibili derivano da studi trasversali che, come tali, introducono potenziali bias (drop out di selezione, effetto coorte, precedente storia di dolore). Dobbiamo infine tenere presente che i parametri "soglia del dolore" e "tolleranza" sono assai poco collegabili al dolore acuto della pratica clinica o al dolore cronico, tanto è vero che entrambi i parametri non sembrano essere influenzati dai trattamenti analgesici.
Rifacendoci alla definizione fisio-patologica di "dolore", è logico attendersi che sulla sua percezione vadano ad interagire fattori emozionali e cognitivi particolari: è esperienza comune il fatto che un intervento chirurgico d'urgenza (specie se seguito da prolungata immobilizzazione) determina un'apparente diminuzione della soglia del dolore negli anziani e contemporaneamente può causare episodi di "delirium". E' stato dimostrato che nei soggetti anziani sottoposti ad intervento per frattura dell'anca il contesto e la natura dell'esperienza influenzano grandemente le percezioni dolorose, ed il dolore acuto ed il comportamento delirante sono molto meno frequenti nei soggetti che hanno potuto ricevere un'adeguata informazione sulle procedure, ovviamente a parità di condizioni cliniche pre- e post-operatorie (22).
Ciò che ha una particolare rilevanza nell'analisi della fisiopatologia del dolore acuto è invece la presentazione spesso atipica dello stesso in alcune gravi condizioni patologiche: è assodato che l'infarto miocardico silente è più frequente nei vecchi che nei giovani (23-25), e la malattia ulcerosa anche complicata è frequentemente priva di sintomatologia dolorosa nei pazienti di età geriatrica (26-27). La sensazione dolorosa in queste patologie viscerali acute origina quando vengono raggiunti livelli sufficienti di impulsi afferenti e quando si ha un'appropriata attivazione delle vie centrali ascendenti (28). Negli anziani asintomatici questi livelli di stimolazione potrebbero non essere raggiunti, a causa di una insufficiente stimolazione tessutale o di una diminuita capacità di trasmissione cefalica, e ciò può essere all'origine di una supposta "ipoalgesia" del paziente anziano (29). Tuttavia questi dati non tengono conto del fatto che con l'invecchiamento si ha un aumento dell'incidenza e della prevalenza di angina da sforzo (30-31) e che in giovani adulti si verificano frequenti episodi di ischemia silente (con depressione del tratto ST) indotta da stress (32).
Una possibile conclusione è che l'invecchiamento "di per sé" non diminuisca o alteri il sistema complesso coinvolto nella trasmissione e nell'elaborazione del dolore acuto rilevabile clinicamente anche se, in mancanza di dati sperimentali che correlino il dolore atipico con quello superficiale indotto sperimentalmente, è del tutto giustificato e prudente considerare la presentazione dolorosa atipica come manifestazione di malattia acuta dell'anziano.

2. Invecchiamento e dolore cronico.

Numerosi studi epidemiologici sembrano indicare che il dolore acuto, di recente insorgenza, diminuisca con l'avanzare dell'età mentre aumenti quello di non recente osservazione (11, 31). Più precisamente, le visite per dolore di recente insorgenza raggiungono un picco tra la prima e la seconda metà della 5^ decade di vita, mentre le visite ambulatoriali per dolore cronico aumentano linearmente fino ai 65 anni per poi decrescere leggermente dai 65 anni in avanti (32). E' interessante notare come le condizioni cliniche che più frequentemente determinano dolore cronico nell'età giovane-adulta (emicrania, cefalea, cefalea muscolo-tensiva, malattia ulcerosa, dolore addominale, dolore dorsale) diminuiscano nell'età avanzata, mentre aumentino quelle associate a processi degenerativi muscolo-scheletrici, alle fratture ossee, al sistema cardiovascolare ed all'herpes zoster (11, 33).
Il dolore cronico e la disabilità conseguente sono fra le cause più importanti di scadente qualità di vita, ridotto benessere e depressione nei pazienti anziani (34, 35). Inoltre, in uno studio condotto su 1306 anziani istituzionalizzati, è stato condotto come il dolore cronico muscolo-scheletrico costituisca un importante fattore di disabilità (36).
Per quanto riguarda il dolore neoplastico, non sembrano emergere significative differenze per intensità e possibile presenza di dolore di tipo neuropatico o acuto incidentale nelle diverse classi d'età; gli anziani tuttavia, come recentemente messo in luce, sembrano richiedere minori quantitativi di oppioidi, definiti come MEDD, cioè [(parenteral) morphine equivalent daily dose (MEDD)], rispetto ai pazienti giovani-adulti per ottenere l'analgesia (37).


3. Influenza del deficit cognitivo sulla percezione del dolore.

I deficit cognitivi dipendenti da varie affezioni del SNC (demenza di Alzheimer, demenza multi-infartuale, morbo di Parkinson, ecc..), aumentano considerevolmente con l'avanzare dell'età (38), tanto che il rischio di sviluppare una demenza sembra raddoppiare ogni 5 anni dopo i 65 anni (39).
Nonostante che demenza e dolore cronico siano molto frequenti in età geriatrica, allo stato attuale non si hanno dati sufficienti in letteratura sulla prevalenza, la definizione delle caratteristiche peculiari ed il management del dolore negli anziani dementi. Probabilmente, la causa di questa situazione è da ricercarsi nella difficoltà di valutare oggettivamente, con appropriati test, il dolore riportato dai pazienti con deficit cognitivo, per cui solo pochi studi in letteratura esaminano la prevalenza del dolore come funzione dello stato cognitivo.
Ferrel esaminò la prevalenza di sintomatologia dolorosa cronica in 217 pazienti istituzionalizzati con un punteggio medio al Mini Mental State Examination Test (MMSE), di 12.1 (indicativo di grave deterioramento cognitivo), registrando che circa il 60% dei pazienti accusavano dolore cronico di tipo osteo-articolare, in rapporto ad una diagnosi certa di osteoartrite nel 70% degli stessi (40). Marzinski riscontrò che il 43.3% dei ricoverati di uno speciale reparto per malati di Alzheimer riferivano ed avevano condizioni potenzialmente algogene (41). Quindi, non v'è ragione per credere che con la demenza non si manifestino le condizioni dolorose e non si attivino conseguentemente le vie afferenti sensoriali. Tuttavia, è stato chiaramente dimostrato che la percentuale di pazienti dementi che esprimono almeno un dolore cronico diminuisce con l'aumentare del deficit cognitivo, anche dopo avere controllato la disabilità fisica (42), per cui è più probabile che il dolore riferito da pazienti dementi sia in verità sottostimato.
E' ovvio che la principale difficoltà che si incontra nella valutazione della presenza di sintomatologia dolorosa nei pazienti con deficit cognitivo è rappresentata dal deficit di espressione verbale. Quindi è necessario sostituire tale modalità espressiva con altre, altrettanto significative: per esempio, la presenza di un familiare attento può essere indispensabile per la registrazione di tutte le manifestazioni che siano potenziali indicatori di dolore fisico. Infatti la valutazione del dolore mediante indicatori non verbali (espressione del viso, atteggiamenti motori generali) è ben documentata per pazienti con stato cognitivo integro e sembra conservare la propria validità anche nei pazienti con grado molto avanzato di decadimento cognitivo e di immobilizzazione (43). In tal senso altri Autori hanno concentrato i loro sforzi per la strutturazione di una scala di valutazione del disagio facilmente applicabile anche a pazienti affetti da demenza; tale scala potrebbe essere facilmente applicata dagli abituali "caregivers" e analizza varie aree: respirazione difficoltosa, assenza di reazione verbale, impossibilità di essere tranquillizzato, atteggiamento di paura o di tristezza, espressione corrucciata, ipertono muscolare in diverse posture, irrequietezza, tensione (44, 45).


Conclusioni

Da quanto sopra esposto possiamo trarre le seguenti conclusioni:

Ø i dati della letteratura non sembrano indicare un sicuro effetto dell'invecchiamento sulla percezione del dolore acuto, sperimentalmente indotto, almeno per quanto attiene al soggetto "young old", rispetto a quello di età giovane-adulta. Non esistono allo stato attuale studi sistematici che affrontino il problema nel soggetto "old-old" o affetto da polipatologie ("frail elderly"). La mancanza di studi longitudinali limita ancor più le nostre consoscenze sull'argomento;
Ø le sensazioni nocicettive acute provenienti da strutture profonde sono ridotte nel paziente anziano, ma nel contempo appare aumentata la frequenza del dolore cronico proveniente dalle stesse strutture (per esempio alta frequenza di infarto miocardico acuto silente ed aumento dell'incidenza di angina da sforzo);
Ø l'intensità e la frequenza del dolore cronico sembrano aumentare con l'età;
Ø le differenze età dipendenti nella percezione del dolore non sono probabilmente espressione di un danno recettoriale (come nella presbiacusia), o di un'alterata accomodazione dello stimolo (presbiopia), ma sono conseguenza di un processo più complesso che coinvolge le vie nervose di trasmissione, le valutazioni e rappresentazioni cognitive, lo stato sociale e la storia stessa di dolore;
Ø non vi è ragione per ritenere che i soggetti anziani affetti da decadimento cognitivo siano meno a rischio di avere condizioni patologiche dolorose rispetto ai soggetti di pari età non dementi. E' piuttosto da ritenere che i pazienti con demenza non siano in grado di esprimere le proprie sensazioni dolorose, per cui è necessario sostituire la registrazione delle modalità espressive verbali con altre, altrettanto significative (espressione del viso, respirazione difficoltosa, ipertono muscolare, irrequietezza, ecc..).


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