di
Enzo Grossi, Rita Savarè
Direzione Medica Bracco SpA- Milano
INTRODUZIONE
L'impatto che le malattie neurodegenerative, come l'Alzheimer
(Alzheimer Disease, AD), hanno sulla nostra società
è estremamente elevato. Nei paesi industrializzati
il problema della prevenzione, attraverso cui giungere almeno
ad un ritardo nella manifestazione dell'AD, è sentito
come urgente impegno etico, sociale ed economico oltre che
scientifico. L'AD è un disturbo neurodegenerativo progressivo
caratterizzato da una declino delle funzioni cognitive e di
memoria, la cui frequenza aumenta con l'avanzare dell'età
fino a raggiungere una percentuale del 50% negli individui
di 85 anni e oltre.
Gli interventi farmacologici sono indispensabili in quanto
non si riscontrano remissioni durante la progressione della
malattia, ma le terapie attualmente disponibili, oltre a richiedere
una precoce ed accurata identificazione della patologia (1),
non risultano realmente efficaci, sebbene i nuovi inibitori
dell'acetilcolinesterasi rappresentino un valido trattamento
sintomatico. In tale prospettiva lo sviluppo di nuovi approcci
per la diagnosi precoce di questo disturbo rappresenta la
strategia-chiave.
Attualmente la diagnosi di AD è posta sulla base della
valutazione neuropsicologica attraverso lo scaling multidimensionale.
La diagnosi differenziale tra AD ed altri tipi di demenza
è basata sull'esclusione (2). Ancora scarsi sono i
contributi derivanti dall'uso di test biochimici specifici,
fatta eccezione per alcune determinazioni effettuate sul liquido
cefalo rachidiano, tuttavia non proponibili a livello di screening
di popolazione. Ancora meno rilevanti sono al momento attuale
i contributi derivanti dall'uso di fattori di rischio basati
sulla storia personale del soggetto, secondo un principio
ispiratore mutuato dalle malattie cardiovascolari.
In questo articolo vengono messi a fuoco i progressi potenziali
derivabili dall'impiego delle reti neurali artificiali applicate
a tre principali contesti di indagine clinica: l'esame neuropsicologico,
l'uso di biomarkers specifici, e l'ottimizzazione dei presunti
fattori di rischio.
Traveling Salesman Problem (TSP): un nuovo test cognitivo
di screening per l'Alzheimer.
Il cosiddetto problema del commesso viaggiatore può
essere considerato nel settore della ricerca operativa, il
prototipo di un problema di ottimizzazione, noto anche come
problema non polinomiale completo.
Il problema può così essere espresso:
1. date N città di cui si conosce la distanza tra
ognuna ed ogni altra (la distanza può essere espressa
in "tempo", "costo economico", ecc.);
2. trovare il percorso più breve per visitare ognuna
delle N città, tornando alla città di partenza.
Nella sua semplicità, questo problema è così
complesso che al crescere del N città, diventa impossibile
trovare la soluzione ottima in tempi ragionevoli. Ad esempio,
un computer in grado di eseguire 5 miliardi di operazioni
al secondo, impiegherebbe oltre 255 milioni di secondi, cioè
oltre 8 anni lavorando giorno e notte, per individuare il
percorso più breve tra N = 20 città in quanto
il numero di percorsi possibili è un numero di oltre
16 cifre.
La ricerca operativa studia i sistemi matematici ed algoritmici
per risolvere questo tipo di problemi in un tempo ragionevole
ed avvicinandosi il più possibile ad una soluzione
che sia la più vicina possibile a quella ottima, che
pur esiste, ma sembra imprendibile. Il GenD, un algoritmo
evolutivo disegnato dai ricercatori del Semeion (3) è
uno dei migliori sistemi attualmente disponibile per risolvere
in tempi brevi il TSP, indipendentemente dal N città
proposte.
Dal punto di vista neuropsicologico, il TSP può essere
considerato un esempio di problem solving visivo-spaziale
in cui un numero limitato di punti sparsi a caso in uno spazio
delimitato devono essere connessi fra di loro in modo tale
da ottenere un percorso più breve possibile. Si pensa
che il TSP, se presentato visivamente, si basi su un processo
naturale e automatico del sistema visivo umano di percepire
strutture ottimali (4), richiedente una pianificazione nell'ambito
dell'intelligenza fluida.
Vi è una crescente evidenza nella letteratura che
l'amnesia episodica anterograda e retrograda e i disturbi
della memoria semantica nella AD, si accompagnano ad un'alterazione
di uno o più sistemi delle funzioni esecutive (5).
Esse rappresentano un insieme di capacità cognitive
coscienti, strategiche e finalistiche che controllano e coordinano
le funzioni cognitive strumentali permettendo di reagire a
nuove situazioni, pianificare e applicare strategie, controllare
prestazioni, aggiustare risposte future via feedback e inibire
stimoli irrilevanti. La loro precoce compromissione nella
AD, spiega la facile distraibilità dell'ammalato con
problemi di memoria incidentale (cioè la capacità
di ricordare in modo conscio informazioni apprese non su richiesta),
la sua difficoltà nell'eseguire correttamente attività
prima per lui usuali richiedenti programmazione, attenzione
divisa (prestare attenzione a più di uno stimolo per
volta), autocontrollo (che necessita un continuo spostare
il focus dell'attenzione da un processo all'altro), astrazione
(ad es., operazioni aritmetiche) o giudizio critico (ad es.,
abbigliamento inadeguato al clima o alla situazione sociale).
Da uno studio-pilota condotto su 15 malati AD di entità
lieve in confronto a 30 soggetti di controllo di pari età
(6), è emerso che il TSP (N = 30 città) sembra
possedere tutte le caratteristiche di una innovativa prova
di screening secondo i criteri di Jensen (7). La prova TSP
è breve, non offensiva, e discrimina, con un elevato
grado di accuratezza, malati da soggetti sani; correla solo
con un indice di stato cognitivo globale (MMSE) e risulta
essere indipendente da variabili demografiche, tradizionalmente
dimostrate interferenti sul rendimento alle prove psicometriche,
quali età e scolarità.
Uso di biomarkers specifici
Un passo significativo verso l'identificazione precoce della
patologia potrebbe essere possibile affiancando la diagnosi
clinica all'uso di markers biologici. Uno strumento diagnostico
ideale per l'identificazione precoce dell'AD dovrebbe mostrarsi
sensibile nella rilevazione dei primi cambiamenti sia biologici
che della sfera cognitiva; dovrebbe, inoltre, essere in grado
di distinguere tra AD, invecchiamento normale e altre forme
di demenza o pseudodemenza. Altre caratteristiche auspicabili
per tale strumento sono l'affidabilità, la semplicità
e facilità di applicazione (8). Negli ultimi anni è
stata avanzata l'idea dell'utilizzo combinato di più
test biochimici per migliorare la discriminabilità
dell'AD agli stadi iniziali. Alcuni lavori hanno mostrato
come nello stesso sistema periferico sia possibile misurare
contemporaneamente i livelli di tre elementi molecolari chiave
nella cascata-amiloide, che presentano caratteristiche tali
da poter essere considerati markers biologici altamente accurati
per l'AD (9-11): le forme di Amyloid Precursor Protein (APP),
e due enzimi, il beta-secretasi (BACE1, beta-site-APP cleaving
enzyme), responsabile della catena amidoilogena, e l'enzima
alfa-secretasi (ADAM 10), responsabile del metabolismo non-amidoilogeno
(12,13). L'APP e' presente nel cervello ed anche in cellule
circolanti quali le piastrine, che contengono gli stessi enzimi
per l'APP trovati nei neuroni. Sono state dimostrate modificazioni
concomitanti dei suddetti indici biochimici nelle piastrine
dei pazienti affetti da AD, rispetto ai soggetti di controllo
(11). Nello specifico, nelle piastrine dei pazienti affetti
da AD lieve è stato possibile rilevare alterazioni
di specifiche forme di APP, congiuntamente ad un decremento
del livello di espressione e attività dell'ADAM 10
e ad un aumento dell'attività del BACE, rispetto ai
soggetti di controllo (13).
La misurazione simultanea di questi parametri biochimici può
essere considerata come un'utile "strategia combinata"
per migliorare l'accuratezza del testing biologico. Tale approccio,
però, presenta dei vincoli intrinseci, dovuti alle
analisi statistiche utilizzate, poichè gli approcci
statistici classici risentono della non-linearità sottostante
le variabili.
In un lavoro recentemente pubblicato il nostro gruppo ha
applicato le RNA ad un compito di discriminazione tra 37 pazienti
con AD lieve e 25 soggetti di controllo in riferimento alla
sola informazione relativa all'APP, ADAM10 e BACE. Le prestazioni
di quindici diversi modelli di RNA di tipo Feed-Forward e
ricorrenti-complesse (implementate al Centro di Ricerca Semeion),
basate su differenti leggi di apprendimento (Back-Propagation,
Sine-net, BiModal), sono state confrontate con l'analisi discriminante
lineare (LDA). Il migliore modello di RNA identifica correttamente
i pazienti con AD lieve nel 94% e i soggetti di controllo
nel 92% dei casi. Con l'applicazione dell'LDA si ottiene una
diagnosi corretta rispettivamente del 90% e del 73%. Questo
studio preliminare suggerisce che l'elaborazione di test biochimici
relativi alla cascata beta-amiloide attraverso le RNA permette
di raggiungere livelli di discriminazione dei pazienti con
AD agli stadi iniziali molti buoni, più alti rispetto
a quelli ottenibili con i metodi statistici classici.
Riconoscimento dei pazienti individuali predisposti alla
demenza solo sulla base della storia precedente.
In letteratura sono state effettuate ampie indagini circa
i fattori di rischio della malattia di Alzheimer. Sebbene
fino ad oggi siano stati individuati numerosi fattori di rischio
per tale patologia, non è tutt'ora possibile prevedere
una o più cause specifiche per il suo esordio.
L'età, la familiarità per la demenza, l'allele
4 del gene dell'Apoliproteina E (ApoE4) hanno mostrato di
essere i fattori di rischio meglio definiti e attendibili
(14-19). Alcuni fattori interagiscono con il genotipo ApoE
e modificano il rischio relativo; essi sono il sesso femminile,
le infezioni da herpes, la bassa concentrazione di lipidi,
le lesioni alla testa e l'effetto protettivo della terapia
ormonale sostitutiva (20-24). Stern et al. (25) hanno trovato
che una elevata scolarità è associata a bassi
tassi di AD; in parte, questo potrebbe essere interpretato
come un effetto attribuibile all'attuazione di strategie cognitive
compensatorie che ritardano la rilevazione del disturbo. Diversi
altri possibili fattori di rischio per l'AD (26), come l'esposizione
ad agenti anestetici, il diabete, gli effetti protettivi dei
farmaci anti-infiammatori non steroidei e dell'alcol, sono
stati rivalutati utilizzando una metodologia più accurata.
Negli ultimi anni i criteri diagnostici clinici per l'AD sono
notevolmente migliorati. Nonostante ciò la distinzione
tra forme diverse di demenza e AD non è ancora ben
definita.
A causa della difficoltà nella definizione di criteri
di ricerca distinti per tali diversi gruppi di disordini,
la quantità di studi effettuati sui fattori di rischio
per la demenza vascolare (VD), la seconda più frequente
forma di demenza, è inferiore rispetto a quelli effettuati
sui fattori di rischio per l'AD. Le stime della prevalenza
della demenza vascolare variano ampiamente dal 10-50% di tutti
i casi di demenza (27). Per tale disturbo, i principali fattori
di rischio identificati sono età, sesso maschile, ipertensione,
infarto miocardico, disturbi cardiaci coronarici, diabete,
aterosclerosi generalizzata, fumo, alte concentrazioni lipidiche,
storia di stroke (28,29).
Sebbene i risultati di alcuni studi suggeriscano l'esistenza
di una relazione anche tra demenza vascolare e ApoE4 (30,31),
questo risultato non è considerato consistente e potrebbe
essere attribuibile a difficoltà nella diagnosi differenziale
tra AD e VD.
Anche le patologie vascolari, in particolare l'aterosclerosi,
le lesioni della materia bianca, l'ipertensione arteriosa
della mezza età, sono state correlate all'AD. E' stata
avanzata l'ipotesi che la comparsa di tali patologie possa
determinare un aumento del declino cognitivo (32) nell'AD.
Inoltre, i risultati secondo cui molti casi di demenza mostrano
una patologia vascolare comune, suggeriscono che l'esordio
della demenza possa essere modulato da una diagnosi e un trattamento
precoci dei disordini vascolari. I risultati degli studi descritti
hanno sollevato due importanti questioni. In primo luogo,
la demenza non è più considerata come entità
nosologica singola: anche entro le sue forme principali, è
possibile che esistano sottogruppi clinici dell'AD, distinti
da fattori causali e di rischio propri.
Attualmente esistono criteri di consenso che permettono di
differenziare tra AD ad esordio precoce, ad esordio tardivo
e demenza vascolare (33). Linee guida diagnostiche sono state
suggerite anche per la demenza a corpi di Lewy, la demenza
fronto-temporale e l'afasia non fluente progressiva (34-36).
In secondo luogo, sebbene i primi studi si focalizzassero
sul calcolo dei rapporti di probabilità per fattori
di rischio individuali, è stato possibile, tuttavia,
sottolineare come la co-occorrenza di fattori di rischio multipli
accresca il rischio generale, attraverso l'effetto additivo
di ogni fattore, e che alcuni fattori di rischio potrebbero
essere attivati solo dalla presenza concomitante di altri.
Per esempio, i segni di disturbo vascolare, rilevati in neuroimmagini,
e il genotipo ApoE4 possono combinarsi ed accrescere il rischio
di AD in soggetti molto anziani (37).
Così, più fattori predisponenti possono agire
simultaneamente, nello stesso paziente, interagendo in maniera
complessa e non lineare. La complessità delle interazioni
possibili tra fattori di rischio, la loro influenza non lineare
sulla demenza e la presenza di componenti stocastiche considerevoli,
limita lo sviluppo di un modello predittivo per la classificazione
del paziente individuale, basato sui metodi statistici classici
(come l'analisi discriminante lineare o la regressione logistica)
(38). Tali modelli assumono che diversi fattori operino indipendentemente
l'uno dall'altro; così, attraverso gli approcci lineari
classici, le complesse relazioni tra le variabili sono difficilmente
distinguibili.
Un contributo metodologico potrebbe essere derivato, riguardo
tale problematica, dall'uso delle Reti Neurali Artificiali
(RNA) come modelli di elaborazione dei dati. Infatti, le RNA
sono sistemi adattivi in grado di sottoporre ad elaborazione,
in modo opportuno, anche dati multifattoriali; la caratteristica
che rende tali sistemi di estremo interesse per le applicazioni
in ambito medico è la capacità di far emergere,
nell'output finale, le relazioni non lineari esistenti tra
le variabili.
Rispetto alle analisi effettuate dai modelli lineari (38),
le RNA possono effettuare un clustering dei fattori e predire
una variabile dipendente (e.g. la demenza) usando funzioni
non lineari. Attraverso l'applicazione della metodologia delle
RNA ad un database rilevato in Italia su soggetti anziani
si è cercato di discriminare pazienti individuali con
diagnosi di demenza da soggetti non dementi, solo sulla base
dei possibili fattori di rischio.
In un recente studio il nostro gruppo ha valutato la capacità
delle reti neurali artificiali nel riconoscimento dei pazienti
a rischio di demenza sulla base dei fattori di rischio convenzionali
in confronto a quello ottenibile con la regressione logistica.
I dati per questo studio derivano da un vasto studio osservazionale
effettuato sulla popolazione di due comuni marchigiani, Fermo
ed Appignano. I partecipanti allo studio erano 275 pazienti
dementi riferiti alla unità di valutazione geriatrica
e 351 soggetti non dementi appaiati per età e sesso.
La base dati consisteva in 105 variabili indipendenti ottenute
attraverso il colloquio con il familiare principalmente legato
al soggetto e al paziente in studio.
Le variabili erano pertinenti a quattro ambiti principali
: 1) demografia, storia personale e familiare, 2) anamnesi
patologica e utilizzo di farmaci, 3) storia occupazionale
e esposizione a sostanze chimiche, 4) abitudini di vita.
E' molto interessante notare che la semplice analisi dei
diversi indici di prevalenza di questi fattori nei due gruppi
in studio ( dementi-controlli) permette di evidenziare un
numero discreto di variabili la cui prevalenza è statisticamente
differente nei due gruppi e precisamente: l'uso di antidepressivi
e neurolettici; la storia di ischemia cerebrale e depressione,
la storia di malattie della tiroide e di insufficienza renale,
ipoacusia severa, cecità, e a livello occupazionale
l'esposizione a solventi e collanti.
La combinazione di queste informazioni con metodi statistici
tradizionali ha permesso di classificare correttamente i soggetti
dementi con una sensibilità del 65% e una specificità
del 79%. Si tratta di valori ancora insufficienti (specie
per ciò che riguarda la sensibilità) per pensare
di proporre uno schema di questo tipo per lo screening della
popolazione generale, per la eccessiva presenza di falsi negativi.
Altro discorso invece quello relativo ai risultati ottenuti
con le reti neurali.
L'uso delle reti neurali variamente combinate con algoritmi
evolutivi in grado di ottimizzare la distribuzione della casistica
nei gruppi di training e testing e soprattutto di selezionare
le variabili importanti consente di raggiungere livelli predittivi
molto più elevati, con una sensibilità e specificità
sempre superiori all'80%.
Il campione in studio è stato suddiviso in sottocampioni
di training e testing in modo da ottenere dieci data sets
sperimentali indipendenti su cui applicare le reti neurali
e la regressione logistica secondo un protocollo bene codificato.
Sono stati utilizzati diversi modelli di reti neurali e tra
queste un gruppo di reti dinamiche auto ricorrenti ha mostrato
le performance predittive più elevate arrivando sino
al 84.11% di accuratezza globale nella predizione in cieco
sui file di testing.
Questo lavoro preliminare mostra come la tecnologia delle
RNA possa essere potenzialmente utilizzata per la costruzione
di uno strumento per la valutazione del rischio, in grado
di aiutare i medici a prendere decisioni circa i soggetti
a rischio di demenza.
L'aspetto intrigante è che nel fare questo le reti
neurali mettono a buon profitto l'informazione derivata da
un numero molto più elevato di variabili (43) rispetto
a quelle utilizzate dalla statistica tradizionale (10), anche
se il loro indice di correlazione lineare con la variabile
dipendente è molto basso. E' così possibile
immaginare che con un questionario di 43 domande (tabella
1) potrebbe essere possibile condurre delle indagini epidemiologiche
anche attraverso un familiare e senza vedere il paziente con
una possibilità di corretto riconoscimento del problema
molto buona, se confrontatati con l'attendibilità degli
algoritmi correnti utilizzati in altri settori della medicina
in cui si valuta il rischio di particolari eventi patologici,
come ad esempio per la definizione del rischio cardiovascolare,
la cui sensibilità è spesso inferiore al 50%.
Questi risultati indicano che l'analisi con reti neurali
può essere usata per stabilire la presenza di demenza
in soggetti individuali solo sulla base della loro storia
personale con un grado di accuratezza sufficientemente elevato
per proporre l'utilizzo di questo approccio per lo screening
di massa di popolazioni anziane.
Tabella 1. Questionario sui fattori di rischio per lo screening
della demenza
STORIA FAMILIARE
|
|
|
Etą della madre al momento del parto superiore ai 40
anni
|
si |
no |
STORIA FARMACOLOGIA
|
|
|
Corticosteroidi
|
si |
no |
NSAIDS
|
si |
no |
Antiacidi contenenti alluminio
|
si |
no |
Estrogeni
|
si |
no |
Antidepressivi
|
si |
no |
Benzodiazepine
|
si |
no |
Neurolettici
|
si |
no |
Anticolinergici
|
si |
no |
Antiparkinsoniani
|
si |
no |
Antiepilettici
|
si |
no |
Digitalici
|
si |
no |
Storia Patologica
|
|
|
Emicrania
|
si |
no |
Ischemia cerebrale
|
si |
no |
Depressione
|
si |
no |
Tiroidopatia
|
si |
no |
Ipotiroidismo
|
si |
no |
Artrite
|
si |
no |
TIA
|
si |
no |
Ritardo mentale
|
si |
no |
Insufficienza respiratoria
|
si |
no |
Insufficienza renale
|
si |
no |
Insufficienza epatica
|
si |
no |
Ipoacusia severa
|
si |
no |
Cecitą
|
si |
no |
Altre patologie
|
si |
no |
Terapia radiante
|
si |
no |
Emotrasfusioni
|
si |
no |
Interventi chirurgici
|
si |
no |
Anestesia generale
|
si |
no |
Numero anestesie
|
si |
no |
Numero traumi cerebrali
|
si |
no |
STORIA OCCUPAZIONALE
|
|
|
Esposizione a solventi
|
Anni
|
|
Esposizione a:
|
si |
no |
Collanti
|
si |
no |
Fumi di Plastica/Gomma
|
si |
no |
Piombo
|
si |
no |
Alluminio
|
si |
no |
Asbesto
|
si |
no |
Anni di esposizione all'asbesto
|
Anni
|
|
Silicati
|
si |
no |
Lavoro manuale leggero
|
si |
no |
Lavoro manuale pesante
|
si |
no |
ABITUDINI DI VITA
|
|
|
Consumo Alcool
|
si |
no |
Vino: etą inizio assunzione
|
Anni
|
|
Vino: etą fine assunzione
|
Anni
|
|
Anni consumo vino
|
Anni
|
|
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