di
Domenico Cucinotta
Direttore Dip.Medicina Interna e dell'Invecchiamento
Policlinico S.Orsola-Malpighi, Bologna
L'aumento della prevalenza di depressione nella fascia di
età anziana è stato confermato da molti studi
clinici.
I criteri per stabilire un cut-off, che separi la patologia
dalla cosiddetta normalità non possono che essere quantitativi:
l'intensità dei sintomi, la loro durata e il loro impatto
sul funzionamento sociale e sull'autonomia. I sistemi diagnostici
attualmente più utilizzati (DSMIV, ICD) tentano sicuramente
di stabilire criteri precisi e "ragionieristici"
per la diagnosi, ma grande importanza nella cura dell'anziano
ha la soggettività del medico. Alcuni si pongono il
problema di valutare correttamente quando un anziano depresso
debba essere considerato malato
, ma l'importante è
pensare allo stato funzionale e alla qualità della
vita, e di capire i problemi, perché altrimenti si
rischia di procedere a tentoni, con un esagerato e inappropriato
uso delle tecnologie e con l'omissione di un intervento (farmacologico
e non) che è quasi sempre efficace, anche se temporaneamente.
Attenzione dovrà essere dedicata all'individuazione
della depressione mascherata, cioè di quella condizione
clinica in cui il paziente anziano presenta diversi sintomi
somatici privi di spiegazione organica, senza lamentare esplicitamente
un tono dell'umore depresso; si tratta di pazienti che hanno
comunque un abbassamento del tono dell'umore, ma hanno difficoltà
a verbalizzarlo (alessitimia) o si vergognano di soffrire
di un disturbo psicologico o di avere problemi relazionali
e/o comportamentali, e utilizzano il sintomo somatico come
strumento di "aggancio relazionale" con il medico
e/o con i familiari, specie se il paziente vive in solitudine.
La depressione sottosoglia è invece quella forma clinica
che, pur non presentando tutti i criteri diagnostici previsti,
implica una diminuzione significativa del funzionamento sociale,
e questa è di particolare importanza proprio negli
anziani, ove induce aumento delle necessità assistenziali
e dei costi (diretti e indiretti).
Di fatto la depressione si associa spesso ad una condizione
di ansia e/o di comorbilità somatica, e complica frequentemente
il decorso clinico delle malattie organiche, costituendo un
fattore prognostico sfavorevole (Tabella1).
È indispensabile che venga attuata regolarmente la
valutazione multidimensionale dei problemi dell'anziano, anche
per evitare che la diagnosi di depressione venga fatta solo
nelle "forme maggiori" (che sono di competenza principalmente
psichiatrica) o nelle forme eclatanti, quando è il
malato che reclama la mancanza di attenzione verso questo
problema affettivo, che però condiziona la qualità
della vita, gli outcomes assistenziali e i risultati del processo
di cura.
L'ageismo è infatti ancora presente, anche quando si
tratta di disturbi dell'affettività.
Tutti i fattori coinvolti nella genesi dei vari sintomi clinici
devono presi in considerazione, per definire una gerarchia
ed intervenire in modo mirato, anche perché attualmente
non mancano i mezzi terapeutici utilizzabili anche in presenza
di altre malattie (Tabella 2).
Esistono alcune patologie, quali la malattia di Parkinson,
i postumi di un trauma cranico, i postumi di una caduta conseguente
a sincope o a instabilità posturale, le demenze, le
malattie della tiroide, il diabete mellito e molte malattie
osteoarticolari (metaboliche, flogistiche e/o degenerative)
che possono accentrare su di sé l'attenzione portando
al mancato riconoscimento della presenza di uno stato depressivo,
specie se si tratta di una forma sottosoglia.
L'anziano stesso, in molti casi, tende a sottovalutare i sintomi
depressivi e a negare che possano dipendere dalla depressione.
Quando il medico di base o il geriatra o l'internista si trova
di fronte ad un malato anziano che lamenta anedonia, riferisce
debolezza muscolare, insonnia di recente insorgenza, perdita
di interesse, inappetenza, cefalea e vertigini soggettive,
indecisione, cosa deve fare?
Sarebbe troppo facile riferire tutto sempre e soltanto ad
uno stato depressivo, perché l'insidia di una diagnosi
affrettata e superficiale deve essere sempre tenuta in considerazione.
È questa una sfida per il medico che dovrà definire
un idoneo percorso diagnostico terapeutico basato non tanto
sui risultati delle scale di valutazione (che servono a quantificare
e monitorare il fenomeno) quanto su "ratio et experientia",
tenendo in principale conto i dati anamnestici, raccolti dal
paziente e dai familiari, la condizione sociale, abitativa,
economica e residenziale.
Dato per scontato che è importante fare una diagnosi
corretta al fine di definire la cura, potremmo trovarci di
fronte a quadri clinici diversi:
a- un paziente con anamnesi di disturbo depressivo, viene
alla nostra osservazione per problemi somatici plurimi;
b- un paziente con anamnesi di disturbo depressivo e con più
patologie croniche presenta una progressiva perdita delle
capacità funzionali o scadente qualità di vita;
c- un paziente con patologia organica severa (neoplasie, postumi
di ictus, malattie cardio vascolari) sviluppa uno stato depressivo;
d- un paziente con evidente comorbilità manifesta sintomi
riferibili a depressione sottosoglia.
È evidente che la modalità di approccio sarà
diversa nelle varie condizioni, anche perché bisogna
tenere conto del fatto che è stata documentata un'associazione
bidirezionale tra depressione e patologie somatiche.
Alcuni studi trasversali e longitudinali hanno dimostrato
che la depressione maggiore e la sintomatologia depressiva
si associano ad un aumentato rischio incidente di malattie
cardio e cerebro vascolari in soggetti a rischio, ma non ancora
ammalati.
Kop W et al hanno riscontrato che la depressione negli ultrasessantacinquenni
si associa ad elevati valori di PCR, di leucociti circolanti,
di fibrinogeno e di fattore VIIc. Vi sarebbe una correlazione
diretta tra depressione, deperimento fisico, la presenza di
un basso grado di infiammazione cronica e l'aumento dei fattori
pro coagulanti.
La depressione costituisce un fattore primario di fragilità
biologica capace di innescare complicanze a cascata, specialmente
a livello cardiovascolare.
Le ricerche più recenti identificano nella presenza
di una omozigosi o di un'eterozigosi dell'allele s (short)
del gene transporter della serotonina un fattore genetico
di maggior rischio di sviluppare la malattia di fronte all'esposizione
di fattori ambientali di stress (Tabella3), con aumento della
produzione di cortisolo e di citochine proinfiammatorie che
sono poi causali a loro volta di patologie tipiche della senescenza.
L'anomalia genetica è un substrato biologico che di
fronte a fattori predisponesti, induce un disturbo affettivo
che è causa di problemi di ordine somatico. Ciò
giustifica anche la variabilità individuale nella risposta
di fronte a stressors simili, perché la ricaduta sull'attivazione
del sistema delle citochine proinfiammatorie sarebbe diversa.
In conclusione¸la sintomatologia depressiva nelle persone
con patologia somatica può essere una coincidenza oppure
può rappresentare la via psicobiologica finale di determinanti
multiple. Gli studi della depressione nei pazienti affetti
da patologie somatiche, compiuti mediante il criterio della
valutazione multidimensionale dei problemi, suggeriscono un'importante
prevalenza di questo disturbo, specialmente nei giovani anziani
e negli anziani.
Uni intervento farmacologico corretto e tempestivo può
migliorare in molti casi lo stato generale di salute, anche
se solo temporaneamente. Ma nell'anziano un miglioramento,
anche se limitato nel tempo, quando si traduce in una migliore
qualità di vita e nel recupero delle abilità
deve sempre essere valutato molto positivamente.
Bibliografia essenziale
Caspi A et al, Influence of life stress
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Science; 2003, 301:386-9.
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ospedalizzato, III Congresso Nazionale AIP, 2003, pagg 31-32.
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Rozzini R, Trabucchi M,La depressione dell'anziano,
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