L'intera politica assistenziale che lo Stato ha attuato
in questi ultimi anni nei riguardi dei cittadini e, in particolare,
di quelli in età geriatrica deve necessariamente considerarsi
in una fase di revisione critica. Nata dall'utopistico convincimento
di poter garantire l'assistenza globale a tutti e lungo tutto
l'arco della vita (dalla culla alla tomba), tale politica
è costretta oggi a riconoscere il proprio superamento, se
non addirittura il completo fallimento, di fronte agli enormi
problemi economici ed agli effetti "perversi" ottenuti, tra
l'altro, con l'esclusione prematura di numerose leve di cittadini
anziani, socialmente validi, dalla logica della produttività.
Il superamento di tale politica sembra finalmente costituire
al presente il traguardo cui tendono gli studiosi di varia
estrazione, gli operatori sociali e sanitari, i programmatori
e gli esperti di pubblica amministrazione. È risaputo d'altra
parte che è l'assistenza dell'anziano quella che impegna maggiormente
le strutture della collettività ed incide con un peso sempre
maggiore sui bilanci degli enti pubblici. La terza età infatti
è in continua estensione demografica e va occupando uno spazio
sempre più ampio nelle società avanzate per la prolungata
durata dell'esistenza e per il precoce e forzato disimpegno
dalle attività lavorative.
Non è concepibile quindi, di fronte a problemi di tali dimensioni,
un programma che preveda soltanto interventi sanitari e medicospecialistici,
ma si impongono piuttosto, e con urgenza, operazioni di tipo
educazionale che permettano di aprire strade nuove e di assumere
orientamenti inediti di "taglio" psicopedagogico nel quadro
di un progetto di formazione permanente dell'uomo. Il trattamento
sanitario o quello semplicemente assistenziale sono necessari,
naturalmente, ma non possono bastare per affrontare situazioni
ormai consolidate, quali spesso si trovano, di grave alienazione
secondaria alla solitudine ed all'inattività, di estrema disumanizzazione
e di apartheid.
La geragogia, che è la pedagogia della terza età e si colloca
nell'ambito dell'educazione dell'adulto, attende oggi ancora
una completa sistemazione metodologica che le consenta di
inserire proficuamente l'anziano (e chi si accinge a diventarlo)
in attività di tipo educazionale e formativo, grazie alle
quali l'adulto presenile possa imparare a vivere la sua vita
in un modo diverso da quello ereditato, con prospettive inedite
ed una nuova creatività. Le difficoltà ad accettare la vecchiaia,
non abbiamo dubbi, sono in gran parte la conseguenza di un
procedimento educativo carente e mistificato, non solo dell'anziano
preso come individuo ma dell'intera società in cui viviarno.
Ogni programma geragogico, infatti, suscita spesso obiezioni
che, ad un esame superficiale, possono sembrare anche fondate
e, in un certo senso, giustificabili. A che serve la geragogia,
si argomenta, e quale convenienza sociale può derivare da
un programma di interventi così impegnativi e costosi rivolti
ad individui che stanno percorrendo l'ultimo tratto del loro
arco biologico? A tale domanda su quale tornaconto o contropartita
ricavi la società dall'impegno economico che un simile programma
comporta noi rispondiamo che se la nostra società fosse migliore
in senso etico e culturale, simili interrogativi non verrebbero
neppure posti perchè apparirebbero subito evidenti a tutti
i notevoli vantaggi, anche economici, che un programma educazionale
rivolto agli adulti è in grado si assicurare.
Tuttavia questa scarsa sensibilità da parte della compagine
sociale non rappresenta il più grave dei problemi per la geragogia
che, del resto, mette nel novero dei suoi programmi anche
quello di educare la società, oltre che l'anziano, combattendo
alle radici quegli atteggiamenti ideologici, nei confronti
dei suoi membri cosiddetti non produttivi, che stanno alla
base dei più comuni e falsi pregiudizi nei riguardi della
vecchiaia.
La geragogia, come dicevamo, ha invece ben più gravi problemi
da risolvere in tema di metodologia e di organizzazione strutturale
a cui deve far fronte il più presto possibile, se vuole incidere
sulla condizione senile in maniera positiva e rapida.
L'intervento geragogico, in sostanza, deve proporsi soprattutto
il fine di educare l'anziano (ma soprattutto l'adulto che
si appresta a diventarlo) ad una ulteriore realizzazione di
sè, sulla traccia delle occasioni e delle possibilità trascurate
o inespresse della vita precedente, sino ad arrivare, quando
è possibile, ad una situazione ottimale di autoprogrammazione
delle attività personali e dei nuovi rapporti sociali.
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