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Disturbi cognitivi e Medicina Nucleare Torna agli editoriali

di
Susanna Nuvoli
Ricercatore presso la Cattedra di Medicina Nucleare
dell'Università degli studi di Sassari
indirizzo mail: snuvoli@uniss.it

"Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere e che credono in quello che vedono"
(Galileo Galilei)

Nella società occidentale l'aumento della popolazione anziana rappresenta uno dei fenomeni epidemiologici più rilevanti. Rispetto al passato non solo è variata la durata massima della vita umana, ma, soprattutto, si è modificata drasticamente la percentuale degli individui che raggiungono l'età avanzata. In Italia, il numero di anziani di età compresa fra i 65 e 74 anni è 8 volte più elevata rispetto l'inizio del secolo scorso, mentre gli anziani con età superiore a 85 anni sono aumentati di oltre 24 volte. A conferma di ciò studi compiuti in America, sempre nel secolo scorso, stimavano che solo il 2% della popolazione superasse i 65 anni, mentre attualmente la percentuale è dell'11%; studi prospettici dimostrano inoltre che questa percentuale è destinata ad aumentare. Gli anziani, quindi sono sempre più numerosi ed inoltre raggiungono la vecchiaia in buone condizioni di salute, grazie al miglioramento sia delle conoscenze scientifiche (riduzione della mortalità per malattie infettive ad esempio) che delle condizioni socio-economiche (miglioramento dell'igiene e dell'alimentazione).

Effetto diretto della maggiore aspettativa di vita e delle migliori condizioni fisiche generali, è un aumento della probabilità di sviluppare una malattia neuro-degenerativa a carattere progressivo il cui sintomo più drammatico ed eclatante, per le implicazioni di ordine socio-assistenziali ed economiche che ne derivano, è il decadimento cognitivo.

Pertanto, la necessità di differenziare precocemente il fisiologico processo di invecchiamento cerebrale da una condizione patologica e di definire l'ezio-patogenenesi del sintomo "declino cognitivo" allo scopo sia di formulare l'ipotesi diagnostica più probabile che di adottare i protocolli terapeutici più adeguati, ha portato al ricorso di strumenti diagnostici in grado di aumentare la specificità, non sempre elevata, della sola diagnosi clinica.

Attualmente, le anomalie morfologiche e funzionali che caratterizzano le malattie neuro-degenerative del Sistema Nervoso Centrale, un tempo esplorabili solo al tavolo autoptico o mediante indagini ex vivo biochimiche possono essere in buona parte, indagate nel soggetto vivente attraverso la diagnostica per immagini che, potremo affermare, costituisce il ponte tra clinica e anatomia patologica da un lato e biochimica e fisiopatologia dall'altro.
Il razionale nell'utilizzo del neuroimaging è insito quindi nella sua capacità di valutare in vivo le alterazioni morfologiche, funzionali ed ultrastrutturali tipiche di una determinata patologia, costituendo in tal modo un valido e sicuro supporto al clinico, sia nella diagnosi iniziale che nel follow up.

Ai fini della applicazione clinica è comunque necessario differenziare l'aspetto morfologico e strutturale fornito dalle valutazioni radiologiche ad alta risoluzione quali TC, RMN, RMN Funzionale e la Spettroscopia con RM, da quello funzionale e biochimico fornito dalla Medicina Nucleare con la PET (Tomografia ad Emissione di Positroni) e la SPECT (Tomografia ad Emissione di Fotone Singolo).

Il razionale su cui si basa l'utilizzo dell'imaging funzionale rispetto a quello anatomo-strutturale ad alta risoluzione è legato alla considerazione che le due metodiche PET e SPECT rispetto alla RMN rilevano il danno funzionale in una fase precoce, prima della morte neuronale, sia nella sede iniziale di malattia che a distanza nelle efferenze sinaptiche, consentendo inoltre il successivo monitoraggio in corso di progressione.

È noto inoltre che il 95% dell'energia viene consumata quando i neuroni sono a riposo, svolgendo quel ruolo definito di "plasticità sinaptica"; tale aspetto è rilevabile esclusivamente attraverso l'FDG-PET e la perfusione-SPECT, espressione quindi di un metabolismo neuronale basale; per contro la Risonanza Magnetica Funzionale è in grado di valutare solamente i picchi di attivazione metabolica, ovvero il 5% del metabolismo residuo consumato durante le attivazioni a seguito di task specifici.

Infine, rispetto al neuroimaging strutturale, gli studi medico-nucleari sono in grado di valutare l'intensità di captazione del radiofarmaco, espressione di un parametro fisiologico correlabile alla funzione.

Nelle immagini fisiologiche tomografiche la densità di informazione (intensità di colore o di grigio) è una funzione NOTA del parametro fisiologico in esame: MISURA della concentrazione del radiofarmaco.

Le maggiori sensibilità e precocità che caratterizzano la Medicina Nucleare rispetto alle tecniche radiologiche ad alta risoluzione sono anche legate alla introduzione, nel campo applicativo clinico, di un gran numero di innovazioni fornite negli ultimi anni dall'industria, sia in ambito farmacologico che tecnologico.

Oltre ai radiofarmaci già esistenti che sono stati infatti introdotti dei nuovi radiofarmaci per l'imaging biomolecolare che hanno permesso di visualizzare specifiche caratteristiche cellulari quali ad esempio attività enzimatiche, di sintesi e/o recettoriali.

I due radiofarmaci più rappresentativi per l'imaging funzionale, ormai consolidati nel loro utilizzo routinario, sono:

- 18Fluoro-Deossiglucosio (18FDG) consente di valutare il metabolismo cerebrale con metodica PET;

- 99mTc-HMPAO (CERETEC) il cui target, valutabile con la metodica SPECT, è rappresentato dal flusso cerebrale regionale.

Questi due radiofarmaci presentano una localizzazione elettiva in corrispondenza degli astrociti giustapposti alle sinapsi in concentrazioni dipendenti sia dall'attività sinaptica che dalle richieste energetiche; essi consentono di valutare "in vivo" lo specifico stato funzionale della cellula nervosa attraverso lo studio o del flusso regionale cerebrale (SPECT con 99mTc-HMPAO) o del metabolismo cerebrale regionale (PET con 18FDG) fornendo immagini corticali e sottocorticali rappresentative del flusso cerebrale regionale del 99mTc-CERETEC e del metabolismo cerebrale regionale del 18FDG. Le informazioni che si ottengono sono quindi da correlare alle variazioni patologiche della struttura biomolecolare delle cellule nervose e della fisiopatologia globale del sistema.

La dimostrazione attraverso studi comparativi che le due metodiche danno risultati sovrapponibili, la maggiore diffusione nel territorio ed i costi più contenuti della SPECT fanno si che questa sia la metodica di imaging funzionale di riferimento in campo clinico.



SPECT di perfusione con 99mTcHM-PAO: sezione trans-assiale e ricostruzione tridimensionale in un caso di demenza fronto-temporale

Oltre ai radio farmaci già citati, recentemente ne sono stati proposti alcuni che consentono un imaging biomolecolare, espressione di alcune specifiche attività recettoriali o enzimatiche; i più noti e diffusi studiano la sinapsi dopaminergica striatale e sono:
- 18F-DOPA che consente di studiare l'attività della DOPA decarbossilasi con metodica PET (Positron Emission Tomography);

- 123IOFLUPANO (DaT SCAN) il cui target è rappresentato dal trasportatore della dopamina nelle terminazioni presinaptiche delle fibre nigrostriatali;



- 123I-Iodobenzamide (IBZM) che evidenzia i recettori postsinaptici striatali D2.

Per questi ultimi due radiofarmaci si utilizza la SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography), metodica tomografica ampiamente diffusa nei servizi di Medicina Nucleare.

L'entità della concentrazione e localizzazione di questo radio farmaco nelle sinapsi dopaminergiche striatali è dipendente dall'espressione degli specifici recettori e dall'integrità delle fibre, la visualizzazione, tramite l'emissione di radiazioni gamma, della loro distribuzione corticale e sottocorticale fornisce informazioni "in vivo" sulla sede del sistema colpito, sulla severità della sua compromissione e sull'estensione del danno biochimico indotto dalla patologia.

Fondamentale per lo sviluppo della medicina nucleare è stata poi l'innovazione tecnologica sia della componente hardware con la produzione apparecchiature (tomografi e gamma camere dedicate) sempre più sofisticate e con ottima risoluzione spaziale (2.5-5.5 mm) che dei software di processing dell'immagine che consentono analisi più accurate e precise anche di tipo semiquantitativo, attraverso metodiche standardizzate a livello internazionale quali lo statistical parametric mapping o SPM o il più recente NeuroGAM.

L'analisi semiquantitativa delle immagini può essere effettuata anche sulle valutazioni biomolecolari dei nuclei della base grazie alle quali è possibile ottenere dati quantitativi specifici relativi al potenziale di legame e alla valutazione dei rapporti di attività in corrispondenza dei singoli nuclei dello striato.

Di seguito vengono brevemente riportate le principali applicazioni cliniche del neuroimaging medico-nucleare nella diagnosi e monitoraggio di sia delle demenze che delle forme di Parkinsonismo con associati disturbi cognitivi

DEMENZE
- Il ruolo dell'imaging funzionale, con la PET 18FDG e con la SPECT 99mTc-HMPAO, nella diagnosi delle demenze primarie appare attualmente ben definito da un notevole numero di pubblicazioni. Fondamentale è lo studio di Bradley pubblicato nel 2002 in cui si conferma sia la maggiore precocità della PET e della SPECT nella diagnosi di demenza rispetto alla Risonanza Magnetica Nucleare che soprattutto la loro utilità nella diagnosi differenziale tra le tre più comuni forme ovvero la demenza di Alzheimer (AD), quella fronto-temporale (FTD) e quella a corpi di Lewy (LBD).
I tipici pattern scintigrafici che consentono una maggiore accuratezza diagnostica, descritti ormai nei principali libri di testo di Medicina Nucleare, sono il ridotto metabolismo del 18FDG o l'ipoperfusione del 99mTc-HMPAO in sede temporo-parietale posteriore per la demenza di Alzheimer, fronto-temporale per quella fronto-temporale e temporo-occipitale per quella a corpi di Lewy.
L'accuratezza diagnostica sia della PET che dalla SPECT è stata confermata anche da studi multicentrici di recente pubblicazione nei quali, tra l'altro, sono stati utilizzati software di post-processing che consentono di valutare il volume cerebrale in maniera tridimensionale e di determinare statisticamente le variazioni rispetto ad una popolazione di soggetti normali di controllo.
In particolare nel recente studio pubblicato da Mosconi et al, i pattern PET standardizzati hanno correttamente definito e classificato il 95% delle AD, il 92% delle DLB ed il 94% delle FTD.
Le metodiche PET e SPECT hanno dimostrato la loro utilità anche nel monitoraggio delle demenze in corso di terapia. Sono infatti numerosi gli studi che hanno dimostrato una stretta correlazione tra perfusione cerebrale e risposta alla terapia con gli inibitori della colinesterasi consentendo in tal modo di classificare i pazienti in responder e non responder.

- Va inoltre sottolineato il ruolo svolto dal neuroimaging Medico Nucleare nella diagnostica del Mild Cognitive Impairment (MCI): una forma di disturbo cognitivo che suscita notevole interesse nei clinici in quanto, seppure in percentuali variabili a seconda delle casistiche, la conversione della MCI in demenza di Alzheimer è un dato di notevole rilevanza.

Per quanto il ruolo del neuroimaging nella diagnosi della MCI sia ancora in parte da definire, esistono solide evidenze, da parte di diversi Autori, sulla sua utilità clinica.

Già nel 2003 Wolf et al suggerivano che gli studi di metabolismo con 18FDG e di flusso con 99mTc-HMPAO potessero rappresentare un utile strumento nella diagnosi precoce di malattia di Alzheimer, correlando il ridotto metabolismo o flusso in corrispondenza delle aree associative temporo-parietali e della regione ippocampale al rischio di sviluppare AD.

Lavori successivi, pubblicati nel corso degli anni, hanno confermato e sottolineato come il riscontro di un ridotto metabolismo del glucosio e del flusso cerebrale regionale in corrispondenza della corteccia associativa temporo-parietale e del giro posteriore del cingolo e dell'ippocampo correlino ad un alto rischio di progressione verso la AD .

Nel 2007, infine, Matsuda ha definito in modo chiaro il ruolo primario del neuroimaging funzionale nel predire la rapida conversione in AD dei casi di MCI con ipometabolismo/ipoperfusione nelle aree associative temporo-parietali, entorinali ed ippocampali.
Le metodiche Medico-Nucleari infine rivestono un ruolo fondamentale nella diagnosi di quella particolare forma di demenza associata talvolta ad allucinazioni e disturbi motori extrapiramidali che è la demenza a corpi di Lewy (LBD).

Ai fini di un corretto approccio terapeutico è fondamentale differenziare la LBD dalle altre forme di demenza, soprattutto dalla malattia di Alzheimer: studi recenti infatti hanno dimostrato che circa il 50% dei pazienti affetti da LBD presenta reazioni avverse anche gravi alla terapia neurolettica a fronte di una migliore risposta al trattamento con gli inibitori della colinesterasi.
Nonostante la diagnosi differenziale costituisca il cardine su cui basare una adeguata terapia, nel 15% dei casi la diagnosi corretta viene fatta solamente in sede autoptica.

Già in passato erano state utilizzate, con buoni risultati, la scintigrafia miocardica con 123I-MIBEG e la SPECT cerebrale di perfusione con 99mTc-HMPAO per individuare pattern scintigrafici caratteristici in grado di supportare la diagnosi clinica di LBD.
Ancora oggi il loro ruolo nella diagnosi clinica è fondamentale, nonostante alcuni Autori non concordino sulla specificità dell'ipoperfusione osservata alla SPECT con 99mTc-HMPAO a livello della corteccia temporo-occipitale.

Lo studio prospettico condotto da Walker et al nel 2002 è stato invece determinante nello stabilire la maggiore accuratezza diagnostica della SPECT recettoriale con 123Ioflupano (DaTSCAN) rispetto ai soli criteri clinici di diagnosi.

Questo studio e quelli successivi di conferma hanno portato nel 2005 ad una revisione dei criteri diagnostici della LBD da parte della 3a Consensus Conference of LBD Consortium; è stato così introdotto nei protocolli diagnostici, come criterio suggestivo di malattia a corpi di Lewy, la ridotta captazione del DaTSCAN in corrispondenza di nuclei della base e sono stati mantenuti come criteri di supporto sia il ridotto uptake del 123I-MIBEG a livello cardiaco che e l'ipoperfusione in sede occipitale osservata con la SPECT di perfusione.

Il ruolo fondamentale del neuroimaging biomolecolare con il DaTSCAN nella diagnosi della demenza a corpi di Lewy è stato confermato anche da un ampio studio multicentrico (16) nel quale la SPECT per la valutazione del trasportatore presinaptico della dopamina ha mostrato elevati livelli di accuratezza diagnostica (85.7% negli stadi iniziali; 100% negli stadi avanzati).
Ulteriori studi, pubblicati di recente, hanno confermato l'utilità della SPECT recettoriale con 123I-DaTSCAN, valutata sia con metodo qualitativo che semiquantitativo, nella diagnosi differenziale tra di Demenza a corpi di Lewy e malattia di Alzheimer.

La SPECT con DaTSCAN ha dimostrato una maggiore specificità rispetto alla sola valutazione clinica; infatti, la riduzione del trasportatore presinaptico della dopamina sia nei casi di probabile LBD che in quelli classificati come possibili, supportando la diagnosi di LBD, ha consentito la programmazione di idonee terapie farmacologiche. Per contro, la normale distribuzione del tracciante recettoriale ha permesso di indirizzare con maggiore sicurezza verso i protocolli terapeutici della demenza di Alzheimer.

PARKINSONISMI
Il termine Parkinsonismo definisce un'ampia gamma di patologie neurodegenerative caratterizzate spesso da disturbi complessi ed associati della sfera cognitiva e del movimento; esempi classici sono la malattia di Parkinson con Demenza, la degenerazione corticobasale, l'atrofia multi sistemica, la paralisi sovranucleare progressiva etc...
Porre una corretta diagnosi differenziale tra le varie forme, così come definire la presenza di demenza nei pazienti affetti da malattia di Parkinson, è essenziale ai fini della corretta gestione clinica di questi pazienti.

Il ruolo del neuroimaging biomolecolare nello lo studio della sinapsi dopaminergica sul versante pre (18F-DOPA e 123I-DaTSCAN) e post sinaptico (123I-IBZM) è ormai ben consolidato. Infatti, grazie all'uso separato o combinato di queste tecniche medico nucleari è possibile definire l'esatto livello di compromissione recettoriale e di etichettare correttamente l'origine pre o post-sinaptica della compromissione motoria.

D'altro canto, l'associazione dell'imaging biomolecolare presinaptico con metodiche funzionali di metabolismo PET o di perfusione SPECT, forniscono al clinico un valido supporto nella diagnostica differenziale dei disturbi cognitivi complessi che spesso si associano a queste forme neurodegenerative.

La stretta relazione esistente tra le aree con ridotto metabolismo o ridotta perfusione e la clinica possono indirizzare verso una gestione "personalizzata" e mirata dei singoli casi nei quali i segni e sintomi si possono manifestare in maniera ed intensità differenti.

CONCLUSIONI
Da quanto esposto finora si evince che la Medicina Nucleare rappresenti un utile strumento per il clinico in quanto consente di valutare in vivo la presenza di alterazioni neurologiche funzionali, metaboliche e biochimiche con elevata accuratezza diagnostica ed in una fase precoce di malattia.

Di questo ne è prova il recente suggerimento da parte di diversi studiosi ed in particolare da Dubois di una revisione dei criteri diagnostici NINCDS-ADRDA della demenza di Alzheimer.
Tale necessità è scaturita dalla considerazione che i criteri clinici attualmente utilizzati per la diagnosi di demenza presentano un'accuratezza diagnostica ed una specificità non sempre ottimale a fronte di un previsto progressivo aumento sia della incidenza che della prevalenza di queste patologie.

La conseguente ricaduta economica con il previsto aumento dei costi globali di gestione è un altro aspetto fondamentale che giustifica il notevole interesse dei ricercatori nei confronti di un possibile "biomarker" di demenza che sia precoce, sensibile e specifico. Tale biomarker deve essere in grado sia di identificare la patologia precocemente prima della manifestazione clinica dei sintomi, allo scopo di instaurare adeguate terapie neuroprotettive, che di differenziare tra loro le diverse forme neurodegenerative per instaurare corretti protocolli terapeutici.

Il biomarker rappresenta quindi un importante "parametro" la cui misura è indice di un determinato processo biologico, in condizioni di normalità e di patologia, e delle modificazioni a cui esso va incontro dopo una terapia.

Il neuroimaging medico nucleare, sia funzionale che biomolecolare, è in grado, attraverso la somministrazione dei radiofarmaci in concentrazioni pico/nano-molari, di rilevare e riprodurre in forma di immagini le variazioni dei segnali e processi metabolici e biomolecolari senza interferire con il sistema biologico in esame. In tal modo può quindi fornire una informazione sensibile e specifica già in una fase preclinica della malattia con le conseguenti ricadute sulla diagnosi iniziale e sulla successiva gestione.

In conclusione si potrebbe affermare che, per la gestione di un problema così complesso ed articolato che coinvolge non solo i pazienti ma anche i familiari e, in senso lato, la società intera, una stretta collaborazione tra medici di base, clinici specialisti (geriatri e neurologi) e medici nucleari, nell'ambito di un approccio multi-disciplinare ai disturbi cognitivi, rappresenti sicuramente la condizione più favorevole per arrivare a diagnosi meno incerte, a terapie più idonee e a follow up più accurati.

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